174 OXFAM BRIEFING PAPER SETTEMBRE 2013 Manifestanti contro le misure di austerità a Madrid, maggio 2011. © Miguel Parra QUELLO CHE LA STORIA (NON) CI INSEGNA Il vero costo dell‟austerità e della disuguaglianza in Europa I programmi di austerità attuati in Europa hanno smantellato le misure di riduzione della disuguaglianza e di stimolo alla crescita equa. Con tassi di disuguaglianza e povertà in crescita, l’Europa sta vivendo un decennio perduto: se queste misure continueranno, altri 15-25 milioni di persone in Europa potrebbero diventare poveri entro il 2015. Oxfam conosce bene questa situazione, perché si è già verificata nel passato. I programmi di austerità europei assomigliano alle rovinose politiche di aggiustamento strutturale imposte in America Latina, Sud Est Asiatico e Africa Sub-Saharia negli anni ’80 e ’90. Queste politiche – fallite: medicine che curavano la malattia uccidendo il paziente – non devono essere attuate di nuovo. Per questo chiediamo ai governi europei di allontanarsi dalle misure di austerità e scegliere, invece, un percorso di crescita inclusiva che porti a risultati migliori per le persone, le comunità e l’ambiente. www.oxfam.org SOMMARIO L‟Europa ha spesso voluto sostenere un contratto sociale incentrato sul bilanciamento tra crescita con lo sviluppo, presentandosi come un luogo del mondo nel quale i servizi pubblici assicurano a tutti l‟accesso ad una educazione di alta qualità e dove nessuno vive nella paura di ammalarsi. Un posto dove i diritti dei lavoratori, e in particolare delle donne, sono rispettati e sostenuti, e dove si tengono in conto i bisogni dei più deboli e dei più poveri; un luogo nel quale le opportunità offerte dal mercato sono state sfruttate per offrire benefici alla società, e non il contrario. Tuttavia questo modello sociale idilliaco è, da un po‟ di tempo, sotto attacco. Anche prima che iniziasse la crisi finanziaria le disuguaglianze di reddito erano aumentate in molti paesi: oggi, ancora di più, il modello europeo è minacciato dagli effetti di politiche di austerità mal concepite, giustificate all‟opinione pubblica come il prezzo da pagare di avere una economia stabile e in crescita. Tali misure di austerità, se non gestite, danneggeranno le conquiste sociali europee, creando una divisione tra paesi e un continente diviso e consolidando la povertà per generazioni a venire. Il salvataggio delle istituzioni finanziarie europee ha fatto bene al sistema bancario, ma ha incrementato il debito pubblico di molti paesi del continente. Viene comunemente ritenuto che le politiche di austerità – incentrate sul raggiungimento del pareggio di bilancio e la sulla riduzione del deficit – restaurino la fiducia dei mercati, rimettano in moto l‟economia e successivamente, portino alla creazione di posti di lavoro. Tuttavia, l‟evidenza ci dimostra che questo non è successo. A tre anni di distanza dall‟inizio della crisi del debito, possiamo affermare che le politiche di austerity non solo hanno fallito, ma continuano ad avere altissimi costi sociali. Anzi: l‟esperienza di Regno Unito, Spagna, Portogallo e Grecia mostra che l‟aumento del rapporto del debito è direttamente proporzionale alla durezza delle politiche di austerity.1 Ponendo l‟attenzione unicamente sulla riduzione del debito, si è ignorato che la crescita possa avvenire anche durante periodi in cui il debito è relativamente alto. Inoltre, si è sottovalutato che la crescita nell‟economia, per essere significativa, deve essere inclusiva e a beneficio di tutti. Le politiche di austerità attuate in Europa – basate in generale su visioni di breve periodo, sistemi di tassazione regressiva e profondi tagli alla spesa, in particolare ai servizi pubblici (istruzione, sanità e sicurezza sociale) hanno smantellato le misure previste per ridurre la disuguaglianza e permettere una crescita equa all‟interno degli Stati Membri e dell‟UE. I più poveri ne hanno fatto maggiormente le spese: così il peso degli eccessi dei decenni passati è sostenuto, oggi, da chi ha meno responsabilità ed è più vulnerabile. Anche i principali sostenitori di queste politiche di austerity, come il Fondo Monetario Internazionale (FMI), stanno iniziando a riconoscere che tali misure non hanno portato i risultati attesi, e hanno fatto del male sia alla crescita che all‟uguaglianza.2 Con tassi di povertà e disuguaglianza crescenti, l’Europa ha davanti a sé un decennio perduto. Oxfam ha già osservato l’impatto negativo delle misure di austerità in molti paesi del mondo. 2 I paesi dell‟Europa stanno avendo livelli record di disoccupazione giovanile di lungo periodo - una generazione che ha, davanti a sé, anni di disoccupazione. Dato che il valore reale del reddito medio continua a precipitare, riducendosi più velocemente nei paesi che hanno implementato tagli aggressivi alla spesa, anche coloro che lavorano hanno davanti un futuro dove saranno significativamente più poveri rispetto ai loro genitori. E‟ il dramma dei working poor: in Europa oggi quasi una “working family” su 10 vive in povertà. Nel 2011 già 120 milioni di persone nell‟Unione Europea hanno dovuto affrontare la prospettiva di vivere in povertà. Oxfam calcola che questo numero potrebbe crescere di almeno 15 milioni – ed arrivare fino a un massimo di 25 milioni - come risultato delle prolungate misure di austerità. Tra i nuovi poveri, le donne saranno maggiormente colpite. In questo panorama, se i più poveri hanno visto diminuire la loro quota del reddito globale, i più ricchi al contrario l‟hanno incrementata. Con questo trend presto alcuni paesi in Europa avranno livelli di disuguaglianza tra i più alti nel mondo. Nel corso della sua propria storia Oxfam si è impegnata per aumentare l‟informazione sulla povertà a livello globale, ma anche per esporre e combattere le misure politiche (policies) e le dinamiche politiche (politics) che creano la povertà. Per questo non possiamo più tacere di fronte alla povertà creata dalle politiche di austerity in Europa: una povertà che, a causa della riduzione del budget europeo per gli aiuti pubblici allo sviluppo o della minore spesa dei consumatori, ha un impatto indiretto in tutto il mondo. Quanto sta accadendo in Europa oggi è sorprendentemente simile a quanto avvenuto a seguito dell‟adozione delle politiche di aggiustamento strutturale imposte all‟America Latina, al Sud-Est Asiatico e all‟Africa Sub-Sahariana negli anni ‟80 e ‟90. In questi casi, l‟FMI e la Banca Mondiale hanno concesso il loro aiuto dopo aver ottenuto l‟adozione di una serie di politiche: tagli alla spesa pubblica, nazionalizzazione del debito privato, riduzione degli stipendi e un modello di gestione del debito in cui i rimborsi ai creditori delle banche commerciali avevano la precedenza rispetto alle spese per assicurare la ripresa sociale ed economica. L‟adozione di queste politiche fu un fallimento: una cura che consisteva nel cercare di debellare la malattia uccidendo il paziente. Oxfam, come molte altre organizzazioni della società civile nel mondo, ha avversato con forza tali politiche che hanno scaricato il costo del rallentamento economico sulle persone meno in grado di sopportarlo, portando a redditi stagnanti e povertà in crescita in molti paesi e avendo un effetto importante sulle generazioni future in tutto il mondo. In Indonesia, ci sono voluti 10 anni per tornare ai livelli pre crisi. In America Latina, a metà degli anni ‟90 il reddito delle persone comuni era uguale a quello del 1980. Servizi educativi e sanitari furono tagliati o privatizzati, escludendo i più poveri e, in particolare, riducendo fortemente l‟accesso per le donne; allo stesso tempo la quota parte di reddito posseduta dai ricchi aumentava rapidamente. In Europa, tra 15 e 25 milioni di persone in più potrebbero affrontare la prospettiva di vivere in povertà entro il 2015, se le misure di austerità continueranno. Serviranno dai 10 ai 25 anni affinché la povertà in Europa ritorni ai livelli pre2008. 3 A dispetto di quanto la storia può insegnarci, le politiche di austerità sono oggi nuovamente adottate in Europa. Oxfam ritiene che tali lezioni dal passato vadano fatte proprie, pena il rischio di un futuro incerto per i più poveri d‟Europa e di un impatto negativo sulla società nel suo complesso. RACCOMANDAZIONI Ci sono alternative alle politiche di austerity. In primo luogo, il problema del debito pubblico europeo deve essere affrontato attraverso un processo trasparente, che eventualmente includa misure di ristrutturazione o cancellazione parziale del debito. Inoltre è necessario affrontare e risolvere le distorsioni del sistema finanziario portate alla luce dalla crisi economica. Oxfam chiede ai governi europei di andare oltre all‟aggiustamento delle misure di austerità esistenti. I governi europei devono: 1. Investire nelle persone e nella crescita economica: • Dare priorità ad un programma di stimolo economico promuovendo gli investimenti e la spesa in conto capitale; • Concentrarsi sulla creazione di posti di lavoro; • Mantenere il budget dell‟UE e degli Stati Membri per l‟aiuto ai paesi in via di sviluppo. 2. Investire nei servizi pubblici: • Garantire l‟istruzione pubblica, universale e di alta qualità per tutti; • Tutelare la sanità pubblica, universale e di alta qualità e sviluppare un sistema di protezione sociale che permetta ai più vulnerabili di vivere con dignità e di uscire dalla povertà. 3. Rafforzare la democrazia istituzionale: • Promuovere maggiore partecipazione nei processi democratici da parte di tutti i portatori di interesse; • Assicurare maggiore trasparenza e accountability dei processi politici; • Aumentare la democrazia sul posto di lavoro, realizzando una migliore rappresentanza sindacale e aumentando le opportunità di condivisione dei risultati dell‟azienda. 4. Costruire sistemi fiscali equi: • Attuare una riforma progressiva della tassazione, includendo una tassa sui capitali e una tassa sulle transazioni finanziarie; • Contrastare l‟elusione e l‟evasione fiscale, aumentando la trasparenza e lo scambio di informazioni in materia di autorità fiscale e dando vita a nuove regole fiscali internazionali che affrontino i paradisi fiscali. 4 L‟Europa non può permettersi di continuare ad adottare misure di austerità. Oxfam chiede alle istituzioni europee di cambiare rotta. Mantenersi sulla strada attuale porterà a un decennio in cui le disuguaglianze aumenteranno e il continente sarà esposto al rischio di altre crisi finanziarie e disordini sociali. Vi sono argomenti di ordine economico, etico e morale rilevanti: dobbiamo impedire che il prossimo sia un “decennio perso” per l‟Europa. Occorre invece dare vita ad un nuovo modello economico e sociale che investa nelle persone, rafforzi le istituzioni democratiche e costruisca un sistema fiscale progressivo ed equo adeguato alle sfide del XXI secolo. Oxfam, insieme a molte altre organizzazioni della società civile nel mondo, crede che sia possibile, oltre la crisi, immaginare un nuovo modello di prosperità fondato sulla ricerca della giustizia sociale e della sostenibilità ambientale. 5 1 INTRODUZIONE „E‟ chiaro a questo punto che il mix corrente di austerità fiscale e riforma del mercato del lavoro non sta funzionando come dovrebbe … insistere in una cura che sta uccidendo il paziente è una follia che non possiamo più avallare. L‟Europa dovrebbe adottare un approccio più bilanciato che – a differenza dell‟austerità pura e semplice – ha dimostrato di funzionare.‟ Raymond Torres, Direttore, Istituto Internazionale di Studi sul Lavoro ILO3 Il mandato di Oxfam è di combattere contro l‟ingiustizia della povertà in ogni luogo del mondo. Oggi la povertà e le disuguaglianze stanno aumentando in Europa. Oxfam è testimone di come la situazione stia peggiorando per i cittadini europei, e anche di come i cambiamenti socioeconomici in Europa possono influenzare il resto del mondo. La crisi nel settore bancario prima e la successiva crisi del debito pubblico poi stanno avendo un impatto ampio in tutta Europa: tutti i cittadini europei sono chiamati a pagare questo debito. Secondo le nostre ricerche, sono in particolare le persone più povere, anche in Europa, che stanno sopportando i costi maggiori – proprio come è avvenuto durante l‟attuazione dei programmi di aggiustamento strutturale imposti ai paesi dell‟ America Latina, del Sud-Est Asiatico e dell‟Africa Sub-Sahariana negli anni ‟80 e ‟90. La crisi finanziaria globale del 2008, iniziata con il crollo della banca d‟affari statunitense Lehman Brothers, ha affondato l‟Europa in una palude di incertezza e instabilità economica. Il salvataggio delle banche europee – una operazione senza precedenti – ha comportato, alla fine, l‟accumulazione di un debito pubblico enorme. Tra il 2008 e il 2011, la Commissione Europea ha approvato aiuti al settore finanziario per 4.500 milioni di euro (equivalenti al 36,7 per cento del PIL),4 procedendo al salvataggio di banche come Lloyds TSB nel Regno Unito e BayernLB in Germania. Molte banche non aiutate direttamente, come Barclays, Deutsche Bank e Santander, hanno comunque beneficiato indirettamente degli interventi dello Stato.5 Dopo il primo shock economico, i governi hanno concordato inizialmente che la mancanza di domanda e la perdita di fiducia dei mercati avrebbero dovuto essere affrontate tramite un programma di stimolo finanziario, capace di dare maggiore potere d‟ acquisto e quindi stimolare la domanda e gli investimenti, mantenendo così la competitività.6 L‟European Economic Recovery Plan (Piano di Recupero Europeo – PRE) ha previsto la creazione di posti di lavoro, aumenti nella sicurezza sociale e un aumento degli investimenti economici per un valore pari a 200 miliardi di euro in tutta l‟UE (1,5 per cento del PIL UE).7 Tali misure di stimolo all‟economia, adottate nel periodo 2008-2010 hanno contribuito solo in minima parte ad aumentare il debito dei paesi EU: la stragrande maggioranza del debito deriva invece dal salvataggio delle istituzioni finanziarie (Figura 1). 6 Figura 1: Piano di Recupero Economico UE vs. aiuti al settore finanziario8 Nel 2010 molti governi europei hanno posto fine ai programmi di stimolo economico, prendendo invece una serie di misure di austerity. Alcuni paesi - Grecia, Spagna, Irlanda e Portogallo, ad esempio – lo hanno fatto a seguito delle disposizioni contenute negli accordi di salvataggio stipulati con la Banca Centrale Europea, la Commissione Europea e il Fondo Monetario Internazionale. Altri paesi, come il Regno Unito, hanno scelto liberamente di attuare questo tipo di misure perché ritenute il modo migliore per ridurre l‟elevato debito pubblico e risanare il disavanzo di bilancio. Tali misure di austerity comprendono diverse politiche che rafforzano le disuguaglianze, riducono la qualità dei servizi sociali, erodono la sicurezza sociale e indeboliscono la capacità di contrattazione collettiva tramite la deregolamentazione del mercato del lavoro. Queste misure, che sono basate principalmente sull‟imposizione di un sistema di tassazione regressivo e su profondi tagli alla spesa, hanno oggi un forte impatto sulle società europee, già segnate da alti tassi di disoccupazione. Tutto questo mentre le politiche di austerità hanno contribuito ad aumentare la quota di reddito posseduta dalla fascia di popolazione più ricca, mentre la parte di popolazione più povera ha ridotto ulteriormente la loro quota di reddito. Oxfam conosce già questa storia. Le misure di austerity europee richiamano i programmi di aggiustamento strutturale degli anni ‟80 e ‟90 attuati in Sud-Est Asiatico, Africa Sub-Sahariana e America Latina – programmi che in alcuni di questi paesi hanno aumentato fortemente la povertà e la disuguaglianza arrestando lo sviluppo per quasi vent‟anni. In virtù di questa esperienza, Oxfam propone qui alcune alternative per superare la crisi facendo proprie le lezioni della storia. Anche se questo paper si concentra sull‟impatto delle misure di austerità sui cittadini, ogni misura alternativa per costruire una nuova economia di prosperità comporta la costruzione di un nuovo modello economico che sia anche ambientalmente sostenibile . L‟Europa ha davanti molte strade per superare la crisi attuale: strade che passano per la tutela dei diritti fondamentali delle persone e dalla protezione dei più poveri, siano essi cittadini europei o di altri paesi del mondo. 7 2 L‟IMPATTO DELLE MISURE DI AUSTERITÀ „Spero che Angela Merkel capisca che l‟austerità porta le economie ad operare in maniera peggiore, facendo aumentare la disoccupazione, abbassando i salari e aumentando la disuguaglianza. Nessuna grande economia è cresciuta tramite l‟austerità.‟ Professore Joseph Stiglitz, Premio Nobel per l‟economia e ex Economista Capo della Banca Mondiale9 L‟adozione di misure di austerity può portare, nei prossimi vent‟anni, a un livello crescente di povertà e disuguaglianza. L‟UE è riuscita ad ampliare la classe media aumentando, in generale, il benessere della popolazione: le ultime due generazioni hanno redditi relativamente maggiori rispetto alle generazioni passate. Tuttavia il recente aumento della disuguaglianza e della povertà, esacerbato dalla crisi economica e dalle misure di austerity minaccia di minare questa prosperità e, quindi, la stessa visione su cui si basa il modello europeo: l‟idea di una Europa coesa e votata al progresso. L‟esperienza di Oxfam rispetto all‟impatto delle misure di austerità in America Latina, Sud-Est Asiatico e Africa Sub-Sahariana indica che, con molta probabilità, a seguito di queste misure la disuguaglianza continuerà a crescere per molti anni a venire, e, come risultato, l‟Europa diventerà sempre più divisa al suo interno e all‟interno dei singoli Stati. L‟AUSTERITÀ IN EUROPA In tutta Europa, l‟austerità ha comportato principalmente una politica di tagli profondi alla spesa pubblica mirati all‟obiettivo di ridurre i deficit di bilancio. Nel Regno Unito, per esempio, il rapporto tra tagli alla spesa e aumento delle tasse è approssimativamente 85:15: per ogni 100 sterline di riduzione del deficit, 85 sono ottenute da tagli alla spesa pubblica e 15 dall‟aumento delle tasse.10 La riduzione dei deficiti di bilancio, tuttavia, non porta necessariamente alla riduzione del debito: i livelli di deficit possono continuare a scendere mentre il debito continua a salire, perchè il prestito continua a supplire al deficit. Il vero costo dell‟austerità – e chi realmente è chiamato a pagarlo– deve essere misurato, mentre il debito sale. Secondo alcune stime, tra il 2010 e il 2014, la spesa pubblica totale sarà ridotta fino al 40% del PIL in Irlanda, approssimativamente del 20% negli Stati Baltici, del 12% in Spagna e dell‟11,5% nel Regno Unito.11 Per molti paesi, questo comporta la perdita di posti di lavoro nel settore pubblico e in particolare nei servizi pubblici essenziali. Nel Regno Unito, ad esempio, è previsto un taglio di 1,1 milioni di posti di lavoro nel settore 8 pubblico tra il 2010 e il 2018: secondo le stime, le donne - rappresentano il 64% della forza lavoro del settore pubblico nel Regno Unito - saranno il doppio degli uomini.12 Questa esperienza si sta ripetendo in tutta Europa. L‟Italia e l‟Irlanda hanno ridotto i salari del settore pubblico, mentre nel Regno Unito, Portogallo e Spagna questi sono stati congelati.13 Inoltre i governi europei hanno significativamente ridotto il bilancio per le spese sociali – ad esempio Grecia, Lettonia, Portogallo e Romania hanno ridotto i loro bilanci di più del cinque per cento nel 201114, con un forte impatto sul reddito dei loro cittadini, causato dal parallelo aumento dei prezzi di molti beni e servizi. Le donne, che spesso sono maggiormente coinvolte nella cura dei figli e di altri familiari in stato di bisogno, sono particolarmente colpite dai tagli agli assegni familiari, ai sussidi abitativi, alle indennità per invalidità o ad altri tipi di trasferimenti sociali. Tale situazione limita fortemente il loro accesso al mercato del lavoro. Allo stesso tempo tali misure di austerità stanno erodendo la qualità dei servizi pubblici e le dinamiche di contrattazione sindacale: strumenti vitali per combattere la povertà e la disuguaglianza. La riduzione delle spese sociali in Europa ha ridotto i servizi disponibili per le fasce di popolazione più povere, rendendo ulteriormente difficile l‟uscita dalla povertà. Sia il Portogallo,15 sia l‟Irlanda16 sia il Regno Unito17 hanno adottato per limitare il numero di disoccupati e disabili idonei a ricevere indennità sociali. Inoltre, altri paesi hanno ridotto, in termini reali, le prestazioni sociali18 rendendo ancora più difficile a molte persone affrontare la disoccupazione e mantenersi. Nel 2010 la spesa sanitaria in Europa è diminuita per la prima volta da decenni. In Irlanda e Grecia, i tagli alla spesa hanno superato il sei per cento, invertendo un decennio di crescita.19 Tale situazione può avere impatti significativi a lungo termine sulla qualità della vita delle persone:20 a Lisbona, ad esempio, circa il 20% dei clienti delle farmacie – soprattutto donne, disoccupati e anziani - non hanno ritirato i farmaci prescritti loro dal medico a causa dell‟aumento dei costi delle medicine.21 Nel quadro delle politiche di austerity molti paesi hanno privatizzato i servizi pubblici per ridurre il deficit di bilancio. Grecia, Portogallo, Spagna e Italia hanno affrontato pressioni significative delle istituzioni internazionali per privatizzare imprese pubbliche del settore energetico, idrico, dei trasporti ma anche istituzioni sanitarie.22 Attuare misure di austerità ha anche comportato, per alcuni paesi, una deregolamentazione del mercato del lavoro, con un conseguente allentamento delle regole di impiego ed una riduzione, di fatto, dei diritti dei lavoratori. Tali misure sono state adottate sul presupposto che il settore privato, incentivato ad occupare nuove persone, mitigherà le perdite occupazionali derivanti dai tagli al settore pubblico e condurrà ad una ripresa economica e occupazionale. Ad esempio, Grecia e Italia hanno entrambe ridotto le tutele poste a prevenire il licenziamento senza giusta causa. In generale poi, che l‟aumento della flessibilità del mercato del lavoro non è stato accompagnato da misure di protezione sociale volte a tutelare la sicurezza del reddito dei lavoratori e delle fasce deboli. 9 L‟erosione del sistema di contrattazione collettiva è ancora più preoccupante, viste le conseguenze sulla ridotta capacità dei lavoratori di veder crescere i loro salari e stipendi.23 Grecia, Italia, Portogallo e Spagna hanno attuato politiche mirate a indebolire il sistema di contrattazione collettiva24: una misura che, con ogni probabilità, porterà ad un aumento delle disuguaglianze e a una diminuzione continua del valore dei salari reali.25 Nel quadro dei loro piani di austerity, molti paesi europei hanno aumentato l‟Imposta sul Valore Aggiunto (IVA).26 L‟aumento dell‟IVA è capace di aumentare immediatamente i ricavi dell‟erario: tuttavia si tratta di una forma regressiva di tassazione, che colpisce in modo sproporzionato i redditi più bassi. Queste persone infatti spendono una quota maggiore del proprio reddito nell‟acquisto di beni di consumo e quindi un aumento dell‟IVA ha un impatto maggiore su di loro.27 Tale aumento, inoltre, non interviene e non contrasta gli alti tassi di elusione e evasione fiscale compiuti da imprese multinazionali e individui, che, secondo stime della Commissione Europea, stanno facendo mancare circa 1.000 miliardi di euro all‟anno alle casse dei paesi UE.28 Forme di tassazione dei patrimoni sono sicuramente più progressive e capaci di affrontare il tema del disavanzo pubblico senza pesare sulle fasce di popolazione più povera. L‟IMPATTO DELL‟AUSTERITÀ „Il costo sociale di lungo periodo della crisi economica è stato sottostimato. Sempre più persone vengono sfrattate dalle loro case, sono intrappolate nel sovra-indebitamento e affrontano il crescente costo della vita con un reddito ridotto. Ci sono sempre più bambini poveri e i giovani vengono privati della possibilità di immaginarsi un futuro migliore. Le persone più vulnerabili sono sempre più stigmatizzate dall‟opinione pubblica, come se fossero responsabili della loro situazione e, in tempi di austerity, la protezione sociale fosse un lusso.‟ Rete Europea Anti-Povertà, agosto 2013 L‟idea alla base delle misure di austerità è che queste avrebbero ridato fiducia ai mercati; ciò avrebbe dato il via libera all‟aumento del credito e degli investimenti, generando la crescita del settore privato e creando posti di lavoro. Questo, in moltissimi paesi, non si è verificato. Oxfam e le numerose organizzazioni della società civile con cui lavora osservano invece che le politiche di austerità stanno già avendo effetti dannosi sulle generazioni future. In quei paesi dove si è verificata crescita, i guadagni non sono stati distribuiti equamente e i più poveri continuano a soffrire, mentre i più ricchi sono meno colpiti dall‟impatto di queste misure. Questa crescita non inclusiva mette a forte rischio la sostenibilità della ripresa economica. 10 „Mi comporto ancora come se avessi un lavoro. In questo paese, chiunque sia disoccupato è emarginato. Più difficoltà hai, peggiore è il trattamento che ricevi … ovunque. Lo sento sulla mia pelle, ogni giorno.‟ Manuela, assistente amministrativa disoccupata. 29 L’aumento della disoccupazione In Europa, i tassi di disoccupazione,30 di disoccupazione di lungo periodo31 e disoccupazione giovanile32 sono tutti ai loro livelli massimi dal 2000. Sia in Grecia che in Spagna, i tassi di disoccupazione sono quasi triplicati tra il 2007 e il 2012, dall‟8,3% prima della crisi al 24%.33 In Irlanda, Grecia e Spagna, il tasso di disoccupazione di lungo periodo è quadruplicato tra il 2008 e il 2012.34 In Portogallo, il tasso di disoccupazione di lungo periodo è cresciuto dal 4% nel 2008 al 7,7% nel 2012, il suo livello più alto dal 1992.35 Più della metà delle persone disoccupate di lungo periodo in Europa sono state disoccupate per più di due anni.36 La disoccupazione giovanile è particolarmente alta in Portogallo (42%), Spagna (56%) e Grecia (59%) – più del doppio dei tassi registrati nel 2008.37 Anche l‟Italia ha registrato un tasso di disoccupazione giovanile molto alto, del 39,1%.38 „Volevo trovare un lavoro, anche non nel mio settore. Volevo solo lavorare – in un negozio di abbigliamento, in un supermercato, facendo le pulizie o qualsiasi cosa. Ho tolto la laurea dal mio CV, e ho tolto il riferimento al master che stavo facendo. Nessuno prende una laureata per pulire i bagni.‟ Ana, 24 anni „Chi è stato più colpito? I più poveri e i più anziani. Non sono sorpresa – sono delusa. Abbiamo lavorato tutta la vita perché i nostri figli non dovessero passare quello che abbiamo passato noi, e i nostri figli hanno sprecato tutti i nostri sacrifici.‟ Ann, 65 anni 40 39 La povertà nel lavoro Quasi 1 famiglia nel quale vi è una persona occupata su su 10 in Europa ora vive in povertà: questo fenomeno è conosciuto come “working poverty”. Cipro, Irlanda e Italia sono i paesi nel quale il tasso di working poors è cresciuto a livelli record negli ultimi due anni, 41 perché gli unici lavori disponibili sono, sempre più spesso, lavori poco sicuri o che prevedono un impiego più limitato rispetto al bisogno di lavorare delle persone.42 Come segnalato anche dall‟ILO, il peggioramento della situazione lavorativa ha aumentato i rischi di disordini sociali.43 Per i lavoratori impiegati nei paesi europei che stanno attuando severi tagli alla spesa pubblica, il valore reale dei salari sta diminuendo velocemente, rendendo loro più difficile affrontare il crescente costo dei beni di consumo. Nel Regno Unito e in Portogallo, i salari reali sono stimati in diminuzione del 3,2%.44 Il valore reale dei salari nel Regno Unito è adesso ai livelli del 2003: i lavoratori hanno perduto dieci anni di 11 incremento del potere di acquisto,45 mentre Italia,Spagna e Irlanda hanno registrato diminuzioni nei salari reali in questo periodo. La Grecia ha registrato una caduta nei salari reali di più del 10%.46 „È uno sforzo incredibile. Lo stipendio non aumenta, ma i prezzi del cibo e le bollette sì. Quando ho pagato gas ed elettricità, la baby sitter, la spesa, le spese per andare a lavorare, rimango, se sono fortunata, con 10 sterline. A volte non ceno, o non mangio così ho i soldi per altre cose.‟ Lorna, 33 anni 47 Disuguaglianza e povertà crescenti Le misure di austerity indeboliscono le misure di lotta alla diseguaglianza, causando una distribuzione del reddito nazionale sempre più diseguale: in aumento per i ricchi e in diminuzione per i poveri. È stato dimostrato che la disuguaglianza ha profondi impatti socioeconomici. Per esempio, alti livelli di disuguaglianza sono correlati con più bassi livelli di fiducia tra le persone48 e hanno quindi un effetto disgregante sulla coesione delle comunità e società nel loro complesso. Allo stesso modo, alti livelli di disuguaglianza sono associati ad aumenti del crimine,49 condizioni di salute peggiori,50 e risultati scolastici più bassi.51 La disuguaglianza, inoltre, aumenta la possibilità che una nuova crisi finanziaria si verifichi52: secondo alcuni studi una diseguaglianza di reddito protratta per un lungo periodo di tempo comporta un aumento del numero di prestiti “ad alto rischio”, concessi a coloro che non si possono permettere di restituirli:53 questo aumenta la probabilità di crisi economiche aumenta. Per questo una disuguaglianza crescente mette a rischio la crescita sostenibile di lungo periodo. Anche prima della crisi finanziaria, un certo numero di paesi europei stava sperimentando crescenti livelli di disparità di reddito, pur in presenza di livelli elevati di crescita54: ad esempio il Portogallo e il Regno Unito già si classificavano tra i paesi più diseguali nell‟OCSE. 55Questo dà adito a seri interrogativi sull‟equità della futura – eventuale - crescita economica. L‟austerità sta già aumentando la crescita della disuguaglianza, rispecchiando l‟impatto delle misure di austerity attuate nei paesi OCSE negli ultimi trenta anni.56 Portogallo, Grecia e Italia hanno avuto aumenti nella disuguaglianza netta di reddito di quasi un punto percentuale nel periodo 2010-1157: tali aumenti riflettono in parte i guadagni economici delle élites e sono il risultato diretto delle politiche di austerity. Infatti anche se si tiene conto delle imposte e degli oneri fiscali, i più ricchi hanno visto incrementare la loro quota di reddito totale: ne è una indicazione la crescita del mercato dei beni di lusso a livello europeo.58 Negli anni successivi alla crisi finanziaria, i paesi più colpiti dalle misure di austerità – Grecia, Italia, Spagna, Portogallo e Regno Unito – hanno registrato visto o 1) il dieci per cento più ricco della popolazione aumentare la propria quota di reddito totale; 2) il dieci per cento più povero ridurre la propria quota di reddito. In alcuni casi sono successe entrambe le cose.59 12 Figura 2: Quota di reddito per il decile più basso e più elevato della popolazione UE (2011)60 Le persone più ricche spesso sono in una posizione migliore per influenzare le decisioni politiche e quindi, stimolare l‟adozione di politiche che a loro volta aumentano le diseguaglianze nella distribuzione del reddito. Chi ha un reddito più alto ha inoltre maggiore probabilità di avere i mezzi per aumentare il suo reddito tramite, ad esempio, investimenti finanziari e patrimoniali. La disuguaglianza può quindi diventare intrinseca e contribuire ad aumentare ulteriormente la povertà. D‟altra parte, cambiamenti anche piccoli nella distribuzione del reddito possono avere un effetto importante sui livelli di povertà. La ricchezza combinata delle dieci persone più ricche d’Europa eccede il costo totale delle misure di stimolo in Europa nel periodo 2008-11 (217 miliardi € contro 200 miliardi €)61 La povertà sta già aumentando nell‟Unione Europea. Nel 2011, 121,2 milioni di persone - il 24,3% della popolazione totale - erano a rischio povertà o esclusione sociale.62 Grecia, Spagna, Francia, Belgio, Slovacchia e Svezia hanno tutte registrato aumenti nel numero di persone a rischio povertà di circa l‟1% tra il 2008 e il 2011. Anche la povertà infantile sta aumentando sostanzialmente in tutta Europa.63 L‟IMPATTO DELL‟AUSTERITÀ OLTRE L‟EUROPA L‟austerità in Europa sta avendo conseguenze serie anche nei paesi in via di sviluppo.64 Nel quadro delle misure di di austerity, molti paesi europei hanno scelto di tagliare i loro aiuti pubblici allo sviluppo (APS). L‟UE, nel 2012, era ancora nel suo complesso il più grande donatore mondiale con 70,7 miliardi di dollari, equivalenti alla metà di tutto l‟APS mondiale.65 Questo dato era comunque già in declino rispetto agli anni precedenti:66 gli aiuti dei 15 Stati Membri dell‟UE membri dell‟OCSE – DAC (comitato di assistenza allo sviluppo dei paesi OCSE) sono stati pari a 63,8 milioni di dollari nel 2012. Si tratta di una caduta del 7,3% dal 13 2011.67 Non sorprende che molti Stati Membri riescano a rispettare i loro impegni in termini di aiuti pubblici allo sviluppo. Inoltre l‟austerity è stata adottata anche in molti paesi in via di sviluppo, con tagli alla spesa pubblica anche più severi rispetto a quelli intrapresi nei paesi sviluppati e con la messa a rischio degli obiettivi di sviluppo. 68 In tutto il mondo, sono i più poveri a pagare i costi del risanamento – persone che devono già fronteggiare, dall‟inizio della crisi, la presenza di poche e malpagate opportunità di lavoro, prezzi del cibo e dei carburanti alti, accesso ridotto a cure mediche e a servizi educativi. Milioni di famiglie nel mondo continuano a sostenere il costo di una ripresa economica di cui non beneficiano.69 Figura 3 Declino dell’APS dagli Stati Membri parte del DAC (in milioni di $ 2012)70 DOVE L‟AUSTERITA NON ARRIVA “Rispetto all‟obiettivo di sostenere la fiducia dei mercati e la riduzione dei disavanzi di bilancio, la strategia di austerità è stata in realtà controproducente.” Raymond Torres, Direttore, Istituto Internazionale di Studi sul Lavoro ILO71 Le misure di austerity sono state ideate soprattutto per ridurre i disavanzi di bilancio, per restaurare la fiducia dei mercati e, come risultato, portare alla creazione di nuovi posti di lavoro, crescita e abbassamento dei livelli del debito. Come stabilito dal Trattato di Maastricht, che ha creato l‟Unione Europea, per gli Stati Membri il rapporto debito-PIL non dovrebbe essere superare il 60% con un tasso deficit-PIL non superiore al tre per cento. I paesi che hanno fatto ricorso ad aiuti per il loro salvataggio finanziario, e 14 anche altri, si sono quindi impegnati a raggiungere degli obiettivi finanziari precisi entro l‟anno finanziario 2014-15. Tuttavia, dopo quasi tre anni di attuazione delle politiche di austerità a livello europeo, osserviamo come queste misure stiano portando all‟aumento del disavanzo in alcuni paesi72 e a crescenti livelli di debito, oltre che a maggiori costi per le persone coinvolte. La maggioranza dei paesi dell‟Unione Europea ha visto il proprio rapporto debito-PIL aumentare negli ultimi quattro anni.73 Allo stesso tempo, il deficit non è sceso velocemente: questo ha costretto i paesi a negoziare nuove scadenze74. Il rischio di entrare in una spirale di crescita debole o negativa, fatta di deficit alti, tagli profondi alla spesa e poche prospettive di cambiamento: in molti paesi, la crescita forte deve ancora materializzarsi.75 Il caso dell‟Irlanda – paese tornato nuovamente a crescere – è spesso portato come eccezione a quanto appena detto. Tuttavia, l‟Irlanda offre un esempio di quello che potrebbe accadere in altri paesi dell‟Unione Europea: elevati livelli di disuguaglianza di reddito regionale, lavoro precario76 e una significativa riduzione del potere di acquisto.77 Inoltre, la società irlandese si basa fortemente sulla redistribuzione dei redditi da parte dello Stato tramite tasse e trasferimenti78: una politica che è a rischio con la continuazione dell‟ austerità. L‟Islanda, invece ha stimolato la crescita aumentando le tasse sulle famiglie a reddito alto, proteggendo le famiglie a reddito medio e basso dai tagli alla spesa,79 e promulgando un incremento reale dei redditi dell‟1,5%, grazie ad un accordo collettivo per aumentare i salari.80 Queste misure hanno contribuito a realizzare, in Islanda, livelli più stabili di disuguaglianza di mercato rispetto al caso irlandese.81 Figura 4 Debito dei governi com epercentuale del PIL (2008 – 2013)82 15 Avere un livello basso del rapporto debito-PIL o deficit-PIL non comporta, di per sé, un incremento della crescita. Per esempio, il rapporto debitoPIL del Regno Unito ammontava a più del 90% nel periodo 1949-66, ma è proprio in quel periodo che il paese ha avuto una crescita media di più del 3%. Concentrarsi esclusivamente sulla riduzione del debito tramite l‟adozione di misure di austerity sottovaluta il fatto che, pur in presenza di livelli del debito relativamente alti, è possibile avere una crescita. In ogni caso, sarebbe opportuno sottolineare che, ad un certo punto, il debito pubblico arriva ad un livello insostenibile. In quel momento è necessario prendere in considerazione altri tipi di opzioni. I tassi di crescita in paesi che hanno adottato misure meno decise di austerità – Islanda, Norvegia, Germania – smentisce l‟assunto che l‟austerità crei le condizioni per una crescita: ulteriori lezioni possono essere apprese da paesi del Sud-Est Asiatico, l‟America Latina e l‟Africa Sub-Sahariana, che hanno sperimentato misure simili durante gli anni ‟80 e ‟90. 16 3 CI SIAMO GIÀ STATI: L‟AUSTERITÀ NON FUNZIONA „L‟ESAP (Zimbabwe's Enhanced Structural Adjustment Programme – Programma di Aggiustamento Strutturale dello Zimbabwe) ha significato che possiamo solo mangiare due pasti al giorno. Non ci possiamo più permettere la carne, perché i prezzi sono troppi alti. Tutto costa di più. Non mi posso permettere di pagare le tasse scolastiche per mio figlio e mia figlia da quando hanno iniziato a far pagare. Il governo ha detto che era a causa dell‟ESAP. Non possiamo nemmeno andare in ospedale quando i bambini sono malati perché non possiamo permetterci le medicine‟ Una donna dello Zimbabwe, Harare 83 „Ho letto che il nostro paese si sta stabilizzando. Questo sarà anche vero, ma non abbiamo lavoro. Non possiamo mandare i nostri figli a scuola. Forse la stabilità è una cosa buona per i paesi [sic] a cui paghiamo il debito, ma qui la vita sta diventando sempre più dura.‟ Donna dello Zambia 84 I paesi in America Latina, Sud-Est Asiatico e Africa Sub-Sahariana hanno sperimentato forti crisi finanziarie, economiche e valutarie durante gli anni ‟80 e ‟90. Ognuno di questi paesi ha adottato una cura simile predisposta dal FMI e dalla Banca Mondiale, adottando un pacchetto di aggiustamento strutturale secondo il quale i paesi ricevevano aiuto finanziario dal FMI e dalla Banca Mondiale solo dopo essersi impegnati a adottare una serie di politiche economiche, che includevano tagli alla spesa pubblica, nazionalizzazione del debito privato, riduzione dei salari del settore pubblico, decentralizzazione della contrattazione collettiva e modelli di gestione del debito nei quali i pagamenti ai creditori delle banche commerciali avevano la precedenza sull‟assicurare la ripresa sociale ed economica.85 I sostenitori di queste politiche davano per scontato che le riforme strutturali avrebbero generato velocemente un aumento considerevole degli investimenti e crescita, che avrebbero a loro volta aumentato l‟occupazione e i salari. I pacchetti di aggiustamento strutturale hanno una somiglianza sorprendente con le misure di austerità che vengono attuate oggi in Europa, e basandoci su questo possiamo stimare il potenziale distruttivo dell‟austerità. Ovviamente, dobbiamo considerare che la ricchezza relativa e il potere istituzionale dei paesi europei differisce da quello dei paesi dell‟America Latina, Sud-Est Asiatico e Africa Sub-Sahariana negli anni ‟80 e ‟90. Questo non controbilancia gli effetti negativi delle misure di austerità: significa solo che queste misure avranno gli stessi effetti distruttivi, ma in un periodo di tempo più grande. 17 L‟IMPATTO DELL‟AGGIUSTAMENTO STRUTTURALE Quanto avvenuto in America Latina, Sud-Est Asiatico e Africa SubSahariana mostrano che non solo le politiche di aggiustamento strutturale non sono state efficaci nel porre fine alle crisi, ma hanno avuto impatti negativi di lungo periodo sulla povertà e la disuguaglianza. L‟attuazione delle politiche di aggiustamento è avvenuta ad un prezzo molto alto per centinaia di milioni di persone, che hanno sperimentato il ritorno a livelli di povertà e benessere di venti anni prima. Il decennio perduto dell’America Latina „L‟aggiustamento [in America Latina] è stato un processo molto più lento, difficile e doloroso di quello che la Banca aveva previsto all‟inizio … Sto cercando … un modo diverso di fare business nel futuro‟ James Wolfensohn, allora Presidente della Banca Mondiale, Aprile 199686 Le politiche di aggiustamento strutturale hanno avuto un effetto pesante sugli standard di vita in America Latina e hanno comportato un aumento dei livelli di povertà. Dai primi anni ‟80 si assistette ad una liberalizzazione dei mercati nel continente latino americano, con un conseguente aumento della povertà e della disoccupazione.87 In molti casi i diritti dei lavoratori furono minacciati, si assistette ad una caduta dei salari reali88 e a una diffusione del lavoro informale e precario 89. Il tutto comportò un aumento della disuguaglianza e dell‟instabilità economica e finanziaria.90 Alla metà degli anni ‟90 la maggioranza dei paesi dell‟America Latina ha rilevato redditi pro capite arrivati ai livelli di 15 anni prima – e, in alcuni paesi, a livelli che non si registravano da 25 anni. Negli anni ‟80 e ‟90 la disuguaglianza è aumentata in quasi tutti i paesi della regione.91 Con l‟eccezione dell‟Uruguay, in tutti gli altri paesi il 10% più ricco della popolazione vide la quota di reddito nazionale in questi vent‟anni aumentare, mentre la quota posseduta dal 40% più povero o restava stagnante o era in diminuzione. Gli analisti stimano che il 50% dell‟ aumento della povertà basata sul reddito in questo periodo è da imputarsi ad un effetto di redistribuzione della ricchezza verso i paesi più ricchi.92 Quando, negli anni ‟90, i tassi di crescita iniziarono a essere nuovamente positivi e l‟inflazione iniziò a scendere in molti paesi la distribuzione del reddito non migliorò, e nel 2000, la disuguaglianza in America Latina aveva raggiunto un massimo storico.93 Anche se da allora, in alcuni paesi le politiche governative redistributive hanno diminuito leggermente i livelli di disuguaglianza, tali livelli continuano ad essere elevati rispetto a prima degli anni ‟80. La disuguaglianza nella distribuzione del reddito comporta un accesso diseguale ai servizi sanitari, educativi e ad altri importanti servizi sociali, perché i più poveri non si possono permettere di pagare i servizi privati. Tra il 1980 e il 2000, la spesa pubblica in America Latina era tra le più 18 basse al mondo, pari circa al 20% del PIL.94 Il mancato investimento pubblico e la privatizzazione di molti servizi sociali essenziali ha comportato l‟adozione di tariffe per la prestazione di servizi sanitari ed educativi, portandoli ad un prezzo che molti non possono permettersi di sostenere. La crescente disuguaglianza in America Latina ha aumentato il livello di povertà.95 La proporzione delle persone che vivono in povertà96 è aumentata dal 40,5% nel 1980 al 48,3% nel 1990. Il numero di persone colpite dalla povertà in America Latina nel 1994 è ancora più elevato del livello del 1980.97 Entro il 1997, più di 200 milioni di latino americani vivevano in povertà, nonostante la crescita pro capite fosse in ripresa, di più del 2% l‟anno.98 Dal 1997 la percentuale di persone che vivono in povertà in America Latina è gradualmente scesa, ma ci è voluto fino al 2005 perché i livelli di povertà scendessero sotto i livelli del 1980. In altre parole, ci sono voluti più di 25 anni per riportare la povertà ai livelli pre-crisi. Sud-Est Asiatico Il FMI reagì alla crisi del Sud-Est Asiatico del 1997 nello stesso modo in cui aveva reagito a quella in America Latina negli anni ‟80, nonostante le condizioni della regione all‟inizio della crisi non fossero le stesse di quelle dell‟America Latina 15 anni prima. Il FMI chiese di raggiungere una deflazione tramite tagli alla spesa pubblica e tramite il finanziamento del deficit con il debito pubblico ad interessi elevati. Queste misure ebbero subito effetti negativi, contribuendo all‟aumento della povertà in Indonesia e della disoccupazione in Tailandia. In Indonesia, il numero di persone che vivevano con meno di 2 dollari al giorno è aumentato da 100 milioni nel 1996 a 135 milioni nel 1999. Il PIL scese del 15% in un anno, e furono necessari più di 10 anni affinché i livelli di povertà ritornassero ai livelli pre-crisi.99 Nei paesi in cui i programmi di aggiustamento strutturale furono introdotti, la spesa pubblica in sanità e istruzione è stata ridotta, in media, di quasi un punto percentuale del prodotto nazionale lordo. La Malesia è un esempio di un paese che ha rifiutato l‟assistenza e i consigli del FMI. Invece di aprire ulteriormente la sua economia, la Malesia ha imposto controlli sui capitali nello sforzo di eliminare le transazioni speculative sulla sua valuta. La Malesia ha in generale sofferto di problemi economici meno severi rispetto agli altri paesi coinvolti nella crisi finanziaria asiatica. Africa Sub-Sahariana Negli anni ‟90, i paesi dell‟Africa Sub-Sahariana sono stati pesantemente colpiti dalle politiche di aggiustamento strutturale raccomandate dal FMI e dalla Banca Mondiale. In Zimbabwe, la spesa pro capite in sanità e istruzione primaria è stata ridotta tra il 1990 e il 1996; in Zambia, la spesa sanitaria è stata dimezzata tra il 1990 e il 1994, e la spesa per i bambini in età da istruzione primaria è stata più bassa nel 1999 rispetto alla metà 19 degli anni ‟80. In Tanzania, la spesa pro capite in sanità e istruzione è più bassa di un terzo nel 1999 che nella metà degli anni ‟80. Tagli alla spesa pubblica di questa portata hanno inevitabilmente indebolito la qualità dei servizi pubblici. In più, tali tagli alla spesa sono stati generalmente accompagnati da programmi di privatizzazione dei servizi pubblici e dall‟introduzione di tariffe per i servizi sanitari ed educativi. Queste tariffe hanno avuto l‟impatto maggiore sulle persone più povere, che avevano meno possibilità di pagare le tasse.100 La privatizzazione nei paesi dell‟Africa Sub-Sahariana ha avuto un impatto chiaramente negativo sulla sicurezza alimentare. Le imprese pubbliche che erano incaricate della fornitura di sementi e fertilizzanti sussidiati, e di semi da coltivare in periodi fuori stagione, furono smantellate e liberalizzate o privatizzate. In Malawi, l‟eliminazione dei sussidi per le sementi e i fertilizzanti ha contribuito a 4 anni di crisi alimentare tra il 2001 e il 2005. In Mali, la soppressione del meccanismo statale per far fronte all‟alta volatilità nel settore mondiale del cotone ha comportato l‟esposizione dei produttori di cotone maliani a prezzi mondiali di mercato altamente distorti. I sussidi che i paesi più ricchi hanno dato ai loro agricoltori hanno contribuito a far scendere i prezzi delle materie prime: così 3 milioni di agricoltori in Mali, nel 2005, hanno registrato una riduzione del 20% nei prezzi che ricevevano per il loro cotone, causando un aumento della povertà stimata nel paese del 4,6%. LA VIA D‟USCITA DALLA CRISI Molti paesi in America Latina, Sud-Est Asiatico e Africa Sub-Sahariana sono usciti dalla crisi applicando misure contrastanti con le raccomandazioni del FMI. La ripresa economica in America Latina è avvenuta in un contesto globale contrassegnato dalla ripresa, ed in particolare attraverso un aumento dei prezzi delle commodities internazionali e una riduzione del peso degli interessi sul debito. Tuttavia anche l‟adozione di politiche più progressiste ha giocato un ruolo fondamentale. Infatti, riconoscendo tutto ciò, il FMI stesso ha recentemente cambiato parere rispetto alle politiche di aggiustamento strutturale.101 Alcune delle misure applicate hanno previsto un aumento del ruolo dello Stato nell‟economia, come: • La regolamentazione delle politiche fiscali e monetarie e l’introduzione di nuovi meccanismi di controllo dei capitali. Brasile e Costa Rica, ad esempio, hanno attuato sistemi di tassi di cambio e misure di controllo dei capitali per fermare l‟afflusso dei capitali speculativi e prevenire una rivalutazione eccessiva della loro moneta; • Aumento delle entrate fiscali e applicazione di politiche industriali e fiscali progressive.102 dal 2002 alcuni paesi dell‟America Latina ricchi di risorse naturali hanno aumentato il loro PIL con l‟aumento delle entrate fiscali, creando maggiori posti di lavoro nel settore pubblico, nel settore dei servizi e nell‟industria 20 manifatturiera. • Rafforzamento delle istituzioni regionali e un aumento delle loro riserve finanziarie103 In risposta alla crisi finanziaria asiatica, paesi come la Corea del Sud, l‟Indonesia, la Tailandia e la Cina hanno fatto sforzi comuni per rafforzare le istituzioni regionali.104 In questo modo questi paesi hanno mantenuto la crescita e gli investimenti in istruzione e programmi di occupazione giovanile. • Rafforzamento delle istituzioni pubbliche: In molti paesi in ripresa dall‟aggiustamento strutturale le istituzioni pubbliche furono rinforzate, contribuendo direttamente al rafforzamento della democrazia e alla ripresa dei ruoli pubblici chiave. Per esempio, le imprese pubbliche nel settore agricolo furono spesso smantellate sotto i programmi di aggiustamento strutturale. In Malawi, una crisi alimentare devastante fu evitata nel 2007 con un programma statale di sussidi a mais, sementi e fertilizzanti.105 Il Cile, da parte sua, tenne la gestione della produzione e esportazione di rame largamente nelle mani del settore pubblico, fatto cruciale per aumentare le entrate.106 In larga parte, la crisi latino americana del debito degli anni ‟90 fu risolta tramite meccanismi di mercato e negoziati politici volti alla cancellazione del debito del continente. Ampie operazioni di riacquisto del debito furono portate avanti con il benestare dei mercati, 107 ma il tema più controverso è stato quello della cancellazione del debito. Nel 2001 l‟Argentina ha raggiunto un accordo con i suoi creditori per cancellare fino all‟80% dei suoi debiti. I creditori hanno convenuto che sarebbe stato impossibile per l‟Argentina generare il reddito necessario per ripagare il suo enorme debito. Le politiche di aggiustamento strutturale furono duramente avversate dalla società civile, e la società civile ebbe un ruolo cruciale sia nel modificare l‟orientamento politico dei loro decisori politici sia nello sviluppare istituzioni democratiche in regimi autoritari o democrazie nascenti. In alcuni casi, i movimenti della società civile furono il contraltare dei decisori politici. LEZIONI PER L‟EUROPA Oggi molti paesi dell‟UE sono ritornati ad attuare rovinose politiche di aggiustamento strutturale. L‟impegno preso da alcuni paesi di raggiungere il disavanzo di bilancio del 3% del PIL per accedere alle risorse previste nel salvataggio è quello che il FMI chiedeva ai paesi dell‟America Latina, e ignora le lezioni di quella esperienza. Lo stesso FMI sta mettendo in discussione la validità di quella raccomandazione.108 Anche se l‟appartenenza all‟Eurozona riduce la possibilità per alcuni paesi europei di adottare politiche monetarie per rispondere alla crisi, l‟Europa può ancora imparare dalle lezioni delle crisi precedenti: 1. I leader politici e i cittadini devono costruire un consenso sulle politiche sociali e fiscali e impegnarsi per proteggere i più vulnerabili. 21 2. Il pagamento del debito o la riduzione del disavanzo non possono essere il fine esclusivo o prevalente delle politiche economiche; politiche di austerity estreme che riducono il deficit senza ridurre il debito non creano opportunità per il futuro. 3. Anche dopo la ripresa della crisi economica, la permanenza di alti tassi di disuguaglianza può rallentare l‟andamento della crescita e limitare il potenziale per fare in modo che tale crescita riduca la povertà. Nei casi nei quali la distribuzione di reddito è molto sbilanciata, le persone con basso o addirittura quelle con medio reddito hanno una piccolissima possibilità di risparmiare e investire: questo è dannoso per la produzione e l‟occupazione. Per questo motivo combattere la disuguaglianza dovrebbe essere una priorità assoluta, sia durante la crisi economica che nella fase di ripresa.109 4. Nei paesi in cui sono stati attuati, i programmi di aggiustamento strutturale hanno depresso l‟economia per decenni e dato il via a volatilità e instabilità massicce. Questo ciclo è stato spezzato solo nel momento in cui il debito ha raggiunto livelli gestibili, grazie ad altri interventi, e nel momento in cui le misure di austerità sono state modificate con politiche volte al rafforzamento delle istituzioni pubbliche, al monitoraggio del corretto funzionamento dei mercati e alla creazione di investimenti economici e sociali. 22 4 GLI EFFETTI DELL‟AUSTERITÀ Al momento, l‟Europa sta attuando un pacchetto di misure di austerity piuttosto aggressive, dimostrando di tenere in poca considerazione le lezioni del passato. L‟esperienza ci dimostra che l‟austerità peggiorerà la situazione delle persone più povere e avrà impatti socio-economici dannosi per la società. Molti paesi europei ritorneranno a crescere dal 2014-15, e l‟UE secondo le stime crescerà dell‟1,6% nel 2013-14.110 Tuttavia, in molti casi questo ritorno alla crescita avrà un tasso diseguale e porterà ad una crescente disuguaglianza crescente. Le politiche di austerity rischiano di indebolire maggiormente le strutture che fino ad oggi hanno promosso l‟uguaglianza e ridotto la povertà in Europa. L‟EUROPA NEL 2025 Le misure di austerità avranno impatti al di là del loro periodo di attuazione. L‟Istituto di Studi Fiscali predice che i tassi di povertà nel Regno Unito aumeranno tra il 2,5 e il 5% nel 2020: 2,7 milioni di persone in più che vivono in povertà.111 Entro il 2025, l’Europa potrebbe avere da 15 a 25 milioni di poveri in più se le misure di austerità continueranno. Tale cifra è equivalente alla popolazione dell’Olanda e dell’Austria insieme.112 Nella migliore delle ipotesi, i paesi più colpiti dall‟austerity diventeranno i più diseguali del mondo occidentale.113 Nel peggiore dei casi, questi paesi saranno tra i più diseguali del mondo.114 In molte delle nazioni europee più popolate, i redditi reali medi potranno continuare a scendere per molti anni a venire, contribuendo all‟aumento della povertà reale rispetto ai livelli pre-crisi. I livelli di povertà goduti dalle generazioni precedenti potrebbero diventare un ricordo. La mancata disponibilità di reddito potrebbe avere conseguenze significative nell‟accrescere i livelli di debito privato, e questo, a sua volta, potrebbe alimentare le condizioni per ulteriori crisi finanziarie. L‟erosione dei diritti di contrattazione sindacale collettiva potrà creare le condizioni per un continuo aumento dei “working poors”, visto che i lavoratori saranno sempre di meno e meno abili a contrattare migliori salari e condizioni di lavoro.115 Il mercato del lavoro diventerà meno dinamico: coloro che sono all‟apice prenderanno una quota sempre più crescente del reddito. Sempre più spesso i lavoratori faticheranno a trovare lavori a tempo pieno, o che paghino abbastanza per permettere loro di uscire dalla povertà. Il permanere di alti livelli di disoccupazione – in particolare quella di lungo periodo e giovanile – terranno molte generazioni nella marginalità, con un handicap permanente sul mercato del lavoro.116 23 Per coloro che vivono in stato di povertà – sia occupati sia disoccupati – la mancanza di reti di protezione sociale indebolirà la loro resistenza agli shock economici e ridurrà la loro capacità di vivere dignitosamente. Le donne saranno particolarmente colpite da questa situazione: i servizi sociali e le istituzioni di volontariato che sostengono persone e comunità saranno indebolite o addirittura potranno chiudere a causa dell‟aumento della domanda e al declino dei livelli dei fondi. I tagli ai servizi pubblici si tradurranno in milioni di persone che perdono il lavoro in tutta Europa: salari e condizioni peggiori nel settore pubblico significano che i servizi pubblici saranno meno capaci di attrarre lo staff migliore. Ridurre i bilanci sanitari ed educativi radicherà la disuguaglianza: i più abbienti potranno permettersi di pagare per avere servizi migliori. Ridurre i finanziamenti all‟istruzione aumenterà ancora la disuguaglianza: solo i più ricchi potranno permettersi di accedere ad opportunità educative migliori e quindi di accedere ai lavori meglio pagati. Potrebbero essere necessari tra 10 e 25 anni per tornare ai livelli di povertà pre-2008 in Europa.117 Il declino degli aiuti pubblici allo sviluppo metterà a repentaglio l‟obiettivo di raggiungere gli obiettivi di sviluppo nel medio termine, creando il rischio di un rallentamento dello sviluppo con conseguenze negative per i milioni di persone che vivono in povertà nel mondo. Lo sviluppo del Sud del Mondo ha un impatto positivo sul futuro europeo: mercati incapaci di espandersi possono danneggiare le opportunità delle economie europee di crescere tramite le esportazioni. La politica di austerità rischia di costruire società profondamente diseguali: la priorità data alla riduzione del debito e del disavanzo a scapito di politiche di crescita inclusiva sta mettendo in difficoltà milioni di persone, rafforzando il potere e la ricchezza di una piccola elite e rubera opportunità a di milioni di giovani. La contemporanea presenza di un numero di disoccupati senza precedenti, il declino nei trasferimenti sociali e nei servizi pubblici e l‟indebolimento dei meccanismi di contrattazione collettiva ci indicano che alla ripresa della crescita l‟Europa rischia di trovarsi profondamente divisa al suo interno e anche all‟interno degli stati membri. 24 5 CI SONO ALTERNATIVE ALL‟AUSTERITA‟ Oggi in molti riconoscono, in ritardo, che i sacrifici imposti dall‟austerità non erano sostenibili. L‟esperienza ci ha chiaramente dimostrato, se mai ce ne fosse stato bisogno, che affidarsi all‟austerità è controproducente. Professor Ashoka Mody, uno degli architetti del salvataggio del debito irlandese118 Nel 2012, l‟FMI ha pubblicato una ricerca119 che ha mostrato che nel 2010 quando la Grecia e le altre nazioni europee hanno attuato misure di austerity severe, le previsioni avevano sottostimato l‟impatto negativo dei tagli alla spesa e dell‟incremento delle tasse sull‟economia più ampia. L‟FMI ha inoltre riconosciuto di aver sbagliato profondamente nel salvataggio greco, sottostimando quanto le proprie raccomandazioni avrebbero minato la già fragile economia del paese.120 Oltre alle alternative all‟austerity presentate in precedenza, Oxfam crede che vi siano altre due aree di azione per i policy makers europei: 1. Affrontare l’insostenibile debito pubblico europeo. Come sopra, l‟incremento del debito pubblico europeo è stato prima di tutto generato dagli interventi statali nel salvataggio delle banche, che nel giugno 2013 è arrivato ad essere pari all‟85,9 per cento del PIL europeo (e al 92,2% di quello dei paesi dell‟Eurozona).121 Il debito pubblico di Cipro, Spagna, UK, Francia, Belgio, Irlanda, Portogallo e Grecia è andato oltre la media122 e sta continuando ad aumentare. Nell‟assenza di una forte crescita economica, il livello di debito di alcuni paesi può diventare insostenibile.123 L‟Europa dovrebbe imparare due lezioni chiave dalle precedenti crisi del debito di altre regioni: 1) che il debito insostenibile non è saldabile e che richiede un processo di arbitrato aperto e trasparente che può includere una ristrutturazione o una cancellazione del debito, e che 2) prima si affronterà – da parte degli stati membri o da parte della UE – il tema del debito crescente, meglio sarà. 2. Affrontare le maggiori distorsioni del sistema finanziario evidenziate dalla crisi economica. Regolamentazione inadeguata, tasse non sufficienti, la grandezza delle istituzioni finanziarie, e la loro capacità di influenzare il potere politico: tutto questo continua a destabilizzare l‟economia. Servono interventi pubblici che affrontano le vere cause della crisi, con l‟obiettivo di un mondo più giusto: solo così sarà possibile assicurare la tutela dei più poveri.124 25 ALTERNATIVE ALL‟AUSTERITA‟ Quando la domanda del settore privato collassa, gli investitori non investono, i consumatori hanno perso il loro lavoro e la loro casa è svalutata, il governo arriva e stimola la domanda – questa è la logica dello stimolo all‟economia. Professor Laura Tyson, Università della California, Berkeley125 Attuare l‟austerità su questa scala non è una scelta inevitabile. Oxfam propone qui alcuni orientamenti di policy ed interventi pubblici per modificare l‟impatto negativo delle crisi. Cambiando rotta, quei paesi che oggi fanno i conti con l‟impatto dell‟austerità saranno in grado di progredire verso un modello sostenibile di crescita nella quale la qualità e la distribuzione della ricchezza sono il tema più importante, creando così società più giuste e proteggendo maggiormente i più poveri in quelle società. L‟esperienza di Oxfam in America Latina, Africa Sub Sahariana, Sud Est Asiatico durante le crisi finanziarie precedenti ci dimostra che ci sono alternative. E‟ possibile costruire una nuova era di prosperità europea, fondata su nuovi posti di lavoro, aumenti salariali, crescita economica e investimento sulla green economy e sulla sostenibilità126 come modo di ridurre la proporzione debito/PIL e dare maggior valore aggiunto a persone, comunità, ambiente. Affinchè tutto questo accada, non è solamente necessario smorzare le misure di austerity. I governi dovrebbero invece: 1. Investire nelle persone e nella crescita economica Un maggior investimento nelle persone e nell‟occupazione è la strada per uscire dalla crisi. Le scelte politiche dovrebbero condurre a privilegiare spese a favore delle persone, piuttosto che del debito estero127 o della spesa militare128. 1.1 Attivare in via prioritaria un programma di stimolo all’economia • I governi dovrebbero dare priorità ed incentivare gli investimenti nelle infrastrutture economiche e sociali (incluse le politiche abitative) e nella ricerca e nella tecnologia volta a sostenere l‟economia verde e sostenibile e a creare posti di lavoro; • In via secondaria, altre politiche volte a garantire stabilità sono quelle di garanzia sui mutui e la politica di alleggerimento quantitativo (quantitative easing) che immette nuovi soldi nell‟economia. 1.2 Concentrarsi sulla creazione di posti di lavoro Con tassi record di disoccupazione, in particolare di disoccupazione giovanile e di lungo periodo – c‟è bisogno di politiche proattive di creazione di impiego, in modo da: • Creare lavoro dignitoso,129 sia tramite investimenti pubblici sia 26 tramite l‟aumento della capacità di occupazione privata che possa diminuire il gap tra zone del paese ed essere ambientalmente sostenibile;130 • Offrire opportunità di formazione e reinserimento occupazionale per i disoccupati. In alcuni casi questo può significare sostenere i lavoratori a cambiare residenza per andare incontro alle opportunità lavorative; • Collegare l’occupazione con sistemi di protezione sociale: l‟attuazione di un piano di protezione sociale (social protection floor)131 con misure di job sharing, potrebbe ridurre le ore di lavoro e generare occupazione. I lavori che attualmente sono poco remunerati – inclusi i lavori di cura – dovrebbero essere rivalutati per riflettere la loro importanza sociale • Sostenere l’eguaglianza di genere nel mondo del lavoro, dando opportunità a tutti di accedere a servizi per la cura dell‟infanzia, opportunità di lavoro da casa, e permessi dal lavoro per cura familiare. „Investire in queste misure [per promuovere l‟occupazione giovanile] ha molti meno costi che affrontarne le conseguenze investendo risorse su salari anti disoccupazione e per affrontare comportamenti anti sociali o le conseguenze di un allontanamento permanente dal mercato del lavoro di alcuni soggetti‟ Guy Ryder, Direttore Generale dell‟Organizzazione Internazionale del Lavoro, a proposito della disoccupazione giovanile globale 1.3 Tutelare l’Aiuto Pubblico allo Sviluppo dell’Unione Europea e degli Stati Membri La crisi colpisce i più deboli, sia in Europa sia fuori dai suoi confini. L‟aiuto pubblico allo sviluppo per l‟intervento umanitario è importante per milioni di persone nel mondo. L‟Europa dovrebbe onorare il proprio impegno a dedicare lo 0,7 per cento del suo PIL all‟aiuto pubblico. 2. Investire in servizi pubblici I servizi pubblici non sono un lusso, ma un investimento nel futuro, che garantisce lo sviluppo umano e l‟eguaglianza delle opportunità per tutti. Investire in servizi di protezione sociale più forti salvaguarderà le persone più vulnerabili nel breve periodo e aiuterà a combattere l‟ineguaglianza nel lungo termine. 2.1 Garantire servizi educativi universali, pubblici e di alta qualità. L‟educazione è un diritto umano e l‟accesso iniquo all‟educazione spesso porta all‟ineguaglianza delle opportunità e al perpetrarsi della povertà per le generazioni future; 27 2.2 Tutelare i servizi sanitari pubblici, universali e di alta qualità. I governi europei dovrebbero impegnarsi a tutelare i servizi sanitari pubblici che offrono i servizi medici e sanitari necessari e proteggono i più vulnerabili dal pagare per le prestazioni sanitarie. 2.3 Sviluppare servizi di protezione sociale che rispondono alle esigenze dei più vulnerabili. Proteggere le famiglie a basso reddito è essenziale per affrontare l‟ineguaglianza e prevenire la povertà estrema. Servono politiche che devono garantire servizi sociali ai bambini e ai giovani o servizi di reddito minimo garantito che possono essere particolarmente efficaci nel combattere la povertà infantile o familiare;132 2.4 Garantire l’accesso a servizi abitativi dignitosi, sicuri, accessibili Investimenti pubblici significativi nella costruzione di abitazioni e alloggi potrebbero portare alla creazione di nuovi posti di lavoro, rendere più accessibile i servizi abitativi e limitare la speculazione immobiliare. 3. Rafforzare la democrazia istituzionale Il modello europeo di capitalismo di mercato favorisce la concentrazione di potere tra pochi, minando la democrazia e aumentando l‟ineguaglianza. Siamo a rischio di creare società sempre più ineguali, nei quali meccanismi democratici sono stati significativamente indeboliti. Per affrontare l‟ineguaglianza, i governi europei devono rafforzare le istituzioni della democrazia. Oxfam ritiene che lo sviluppo accada quando vi sono governi capaci di rendere conto e cittadini attivi.133 Per questo, è necessario che i cittadini abbiano maggior spazio politico per influenzare le politiche governative per l‟interesse pubblico: 3.1 Maggiore partecipazione in processi democratici da parte di tutti i portatori di interesse. I cittadini europei devono essere sostenuti nell‟ingaggiarsi in processi democratici. Lo stanziamento di risorse, in particolare, dovrebbe essere fatto in accordo con gli stakeholder locali, specialmente con le donne e i gruppi di persone più marginalizzati. Oxfam e altre Organizzazioni della società civile hanno maturato, negli anni, una esperienza importante nel budget partecipativo e questo approccio può essere applicato oggi anche in Europa.134 3.2 Maggiore trasparenza e accountability nei processi politici. L‟accesso all‟informazione sui processi amministrativi e di bilancio dovrebbe essere rafforzata. Il ruolo del parlamento come spazio per il dialogo e l‟accountability verso i cittadini deve essere rafforzato. I governi devono anche promuovere la creazione di un settore finanziario trasparente capace di combattere la corruzione e rispondere ai propri obblighi sociali. 28 3.3 Promuovere la democrazia nei luoghi di lavoro. Il dialogo sociale tra impiegati, datori di lavoro e autorità pubbliche deve essere migliorato, per combattere la diminuzione dei salari in particolare per gli impieghi già scarsamente retribuiti. Questo migliorerà la domanda, darà uno stimolo all‟economia, e aiuterà ad affrontare l‟ineguaglianza dei redditi nel lungo periodo. Assicurare, ad esempio, una miglior rappresentanza dei lavoratori e dare opportunità per condividere gli andamenti delle compagnie potrebbe condurre a maggiori investimenti nell‟economia reale. 4. Assicurare un equo sistema fiscale I sistemi fiscali sono uno strumento efficace per redistribuire la ricchezza. I governi dovrebbero costruire sistemi di tassazione equa e regolare maggiormente il settore finanziario. In particolare: 4.1. Attuare una riforma del sistema fiscale progressivo. E‟ necessario che il peso delle tasse ricada maggiormente su coloro che possono maggiormente permettersi di sostenerlo.135 Una riduzione delle tasse per i redditi più bassi permetterà coloro che hanno meno disponibilità di utilizzare una maggior parte del proprio reddito. Un incremento delle tasse per i più ricchi e per le aziende che fanno maggiori profitti sosterrà la redistribuzione della ricchezza e il finanziamento delle politiche sociali. • Attuare una tassa sui capitali (wealth stocks). Si tratta di una misura importante per ridurre l‟ineguaglianza di reddito nel lungo periodo. Per esempio, la tassazione progressiva potrebbe essere usata per prevenire future “bolle” speculative immobiliari. Tassare altre fonti di ricchezza potrebbe prevenire investimenti finanziari altamente rischiosi; • Attuare una Tassa sulle Transazioni Finanziarie (TTF). Con una piccola tassa (dello 0,05%) sulle transazioni finanziarie, i governi potrebbero regolare la speculazione e guadagnare miliardi di euro a livello nazionale, regionale e internazionale. Undici stati europei si sono già impegnati ad attuare questo tipo di tassa e dovrebbero farlo entro il 2014. Altri paesi europei dovrebbero aderire all‟iniziativa. I proventi dovrebbero essere usati per finanziare politiche pubbliche e sociali che proteggono i più deboli e per lottare contro la povertà globale ed il cambiamento climatico. 4.2. Affrontare l’evasione e l’elusione fiscale Combattere l‟evasione e l‟elusione fiscale ha un potenziale enorme in termini di raccolta delle risorse. Circa 1.000 miliardi di euro sono persi nell‟Unione Europea a causa dell‟evasione e dell‟elusione fiscale – l‟equivalente del budget settennale dell‟Unione Europea.136 Recuperando tutte le tasse dovute alle tesorerie europee, i governi potrebbero fare a meno di effettuare tagli alla spesa e potrebbero ridurre l‟ineguaglianza tramite politiche redistributive. Affrontare l‟elusione fiscale aiuta inoltre la costruzione di un livello equo di competizione tra le imprese, togliendo il “vantaggio competitivo” posseduto oggi dalle compagnie che beneficiano di complesse attività di ingegneria fiscale. 29 Per affrontare efficacemente l‟evasione e l‟elusione fiscale, dobbiamo attuare misure votate a combattere l‟opacità dei sistemi fiscali e l‟impunità degli elusori fiscali. • Assicurare la trasparenza sulle informazioni finanziare delle compagnie multinazionali. Le multinazionali dovrebbero dare informazioni accessibili e pubbliche in ogni paese nel quale operano con le loro attività (ad es. vendite, volume della produzione), le tasse che pagano e i pagamenti fatti ai governi, oltre che il numero degli impiegati, oltre che le loro altre proprietà; • Rafforzare la cooperazione multilaterale in materia fiscale tra diversi paesi. La creazione di meccanismo efficiente e multilaterale di scambio automatico di informazioni tra diverse amministrazioni fiscali è essenziale. Ad oggi, molte grandi compagnie e ricchi individui divertono profitti verso i paradisi fiscali dove sono soggetti al pagamento di pochissime tasse o nessuna, grazie a sofisticate operazioni di ingegneria fiscale. Questo riduce i loro contributi fiscali e permette loro di evitare di pagare le tasse nei paesi nei quali stanno facendo le loro operazioni. L‟Unione Europea deve portare avanti i propri impegni per introdurre un meccanismo di scambio automatico delle informazioni come nuovo standard di lavoro;137 • Nuove regole fiscali internazionali per le imprese multinazionali, così come stabilito dal G20 e dall‟OCSE. Il sistema internazionale per la tassazione delle compagnie multinazionali non è più adeguato. Oggi il contributo fiscale pagato da molte aziende grandi è molto più basso del tasso stabilito dalle leggi fiscali nazionali, grazie a quei “buchi” presenti nelle varie legislazioni.138 L‟erosione dell‟imponibile fiscale è un problema serio e il G20 ha approvato un piano concreto con 15 proposte concrete: un passo avanti molto importante, anche se i paesi fuori dal G20 devono essere coinvolti in questo progetto.139 Azioni come lo scambio automatico di informazioni, il country by country reporting e la trasparenza sul beneficiario ultimo dei profitti delle aziende. Inoltre, è necessario esplorare alternative all‟attuale scala territoriale dei sistemi di tassazione. • Creare una blacklist dei paradisi fiscali europei obbligatoria, allo scopo di avere un approccio coerente contro i paradisi fiscali. Basandosi su criteri oggettivi, i paesi europei dovrebbero pubblicare una blacklist comune che identifica quelle giurisdizioni non cooperative e assicurerà un maggiore coordinamento delle sanzioni, con i paesi membri UE che applicheranno automaticamente, verso questi paesi, stesse misure. Le sanzioni dovrebbero applicarsi a compagnie europee che non rispettano gli standard fiscali europei e usano i paradisi fiscali per ridurre quanto dovuto al fisco. Quanto costeranno queste politiche? Il ruolo del governo deve essere quello di servire gli interessi pubblici. Il governo ha la responsabilità di assicurarsi che tutti i propri cittadini abbiano accesso a cure sanitarie, educazione, servizi abitativi e opportunità di impiego. I costi di queste politiche devono essere finanziate dalla società in quanto tale. 30 Un esempio di politiche raggiungibili è dato dalla Spagna, dove garantire il reddito minimo universale costerebbe 1,8 miliardi di euro, in aggiunta agli attuali 843 milioni di euro spesi su questa politica. Questo garantirebbe un reddito minimo per circa 407.000 famiglie, raggiungendo 1.178.000 persone che ad oggi sono fuori dal sistema. La cifra di 1,8 miliardi di euro è solo il 36 per cento dei ricavi stimati dall‟adozione di una tassa sulle transazioni finanziarie (TTF) in Spagna. Una TTF dello 0,05% potrebbe raccogliere 300 miliardi di euro l‟anno globalmente e circa 5 miliardi di euro in Spagna – circa 150 volte di più di quanto la Spagna potrebbe investire in APS nel 2011. In otto giorni una TTF globale potrebbe raccogliere abbastanza soldi per assicurare l‟educazione universale primaria per i 72 milioni di bambini che oggi non vanno a scuola, secondo la stima di raccolta annuale che è ad oggi tra i 10 e i 15 miliardi. L’Europa può permettersi queste alternative? Si, se consideriamo tutte le implicazioni del caso, investire in queste alternative è economicamente sensato. Sulla base del trend attuale l‟Europa si sta avviando su una strada di crescita stagnante e turbolenze sociali. In questo quadro, dare vita a società inclusive che mettono al centro le persone è anche un imperativo etico, che ha un senso finanziario se i cambiamenti di policy hanno a che fare con la tassazione progressiva e un settore finanziario regolato. Non solo l‟Europa può permettersi queste alternative: l‟Europa non può permettersi di continuare con questo status quo. Il prezzo è quello di perdere un decennio. 31 6 CONCLUSIONI Questa crisi rivela uno squilibrio di potere: i sistemi finanziari disfunzionali che hanno causato la crisi rimangono largamente inalterati, ma i costi delle loro azioni sono stati affrontati da tutti, con i più vulnerabili che affrontano il peso maggiore. I governi hanno risposto con una austerità e un modello di ristrutturazione che ha largamente fallito nel portare alla crescita, e che sta già incrementando l‟ineguaglianza e la povertà. Anche quando gli Stati inizieranno nuovamente a crescere, il meccanismo di riduzione dell‟ineguaglianza e della povertà sarà severamente indebolito dall‟austerità, e questo significherà che gli stati beneficeranno maggiormente dalla crescita. I cittadini in Europa e intorno al mondo hanno bisogno di aumentare il loro impegno politico nell‟influenzare le politiche governative. Dobbiamo cambiare il corso della politica per evitare di avere perso un decennio in Europa. Dobbiamo avere un nuovo modello economico e sociale che richiede l‟investimento nelle persone, istituzioni democratiche forti e un sistema fiscale equo che riesce ad ottenere migliori risultati per le persone, per le comunità, per l‟ambiente. 32 NOTE Tutti i siti web sono stati visitati l‟ultima volta a luglio 2013, se non altrimenti specificato. 1 W. Easterly, T. Irwin and L. Serven (2008) „Walking up the down escalator: Public investment and fiscal stability‟, World Bank Research Observer, vol. 23, issue 1, p. 37, https://openknowledge.worldbank.org/bitstream/handle/10986/4414/wbro_23_1_37.pdf?sequence= 1 L. Ball et al (2013) „The Distributional Effects of Fiscal Consolidation‟, IMF working paper, http://www.imf.org/external/pubs/cat/longres.aspx?sk=40699. Questo paper conclude che la consolidazione fiscale in 17 paesi OCSE tra il 1978 e il 2009 ha avuto effetti distributivi significativi aumentando la disuguaglianza, diminuendo la quota di salario nel reddito e aumentando la disoccupazione di lungo periodo. R. Torres (2012) „The prescribed cure is killing the patient‟, ILO, http://www.ilo.org/global/research/global-reports/world-of-work/WCMS_179857/lang--en/index.htm „Tackling the financial crisis‟, Commissione Europea, http://ec.europa.eu/competition/recovery/financial_sector.html Le banche non salvate direttamente furono supportate dall‟iniezione di supporto finanziario e garanzie circolari. See J. Menon e G. Finch (2010) „Barclays received government support, says CEO Varley‟, Bloomberg, http://www.bloomberg.com/news/2010-12-02/varley-says-barclays-benefitedfrom-government-liquidity-support.html; e C. Calderon e K. Schaeck (2012) „Bank bailouts, competitive distortions, and consumer welfare‟, Bano Central do Brasil, http://www.bc.gov.br/pec/depep/Seminarios/2012_VIISemRiscosBCB/Arquivos/2012_VIISemRisco sBCB_Ceasar_Calderon.pdf „Communication from the Commission to the European Council: A European Economic Recovery Plan‟ (2008), Commissione Europea, p.2, http://ec.europa.eu/economy_finance/publications/publication13504_en.pdf ibid. p.3. in generale c‟era un grado marcato di consistenza negli sforzi per stimolare le economie tra i paesi membri. Il PRE raccomandava l‟adozione di misure di protezione sociale che avrebbero fornito incentivi al lavoro, mentre preservavano il potere di acquisto. In risposta, la Spagna ha aumentato il suo salario nazionale minimo e l‟Italia ha speso 3 miliardi di euro in aiuti per le famiglie a basso reddito. In Europa, le banche sono state nazionalizzate per prevenire danni di lungo periodo dovuti al loro collasso. I governi hanno preso decisioni per salvare i loro settori automobilistico, edile e delle case, riconoscendo il ruolo chiave di questi settori nell‟economia, e in qualsiasi ripresa futura. Il periodo 2008-2010 è stato notevole per la creazione di posti di lavoro tramite politiche sul mercato del lavoro attive in molti paesi. Questi interventi hanno supportato le imprese affinché non licenziassero i loro dipendenti. In Germania, anche i sindacati hanno aiutato i lavoratori a mantenere il loro posto adottando riduzioni temporanee nell‟orario di lavoro. Cambi al sistema fiscale, come ad esempio tagli e rimborsi alla tassazione e l‟abbassamento delle imposte sui beni sono state tra le misure implementate per spingere la domanda. Nel Regno Unito, un taglio temporaneo nell‟IVA fu implementato, in Olanda e in Italia rimborsi delle tasse furono dati alle famiglie e alle imprese. Commissione Europea (2012), op. cit. e C. Calderon e K. Schaeck (2012) op. cit. J. Smialek (2013) „Stiglitz says more fiscal stimulus needed in U.S.: Tom Keene‟, Bloomberg, http://www.bloomberg.com/news/2013-04-09/stiglitz-says-more-fiscal-stimulus-needed-in-u-s-tomkeene.html P. Johnson (2013) „Opening Remarks‟ in response to Spending Round 2013, London: IFS, http://www.ifs.org.uk/budgets/sr2013/paul_johnson.pdf J. Leschke and M. Jespen (2012), „Introduction: Crisis, policy responses and widening inequalities in the EU‟, International Labour Review 151: p.293. Fawcett Society (2012) „The Impact of Austerity on Women‟, Londra: Fawcett Society, p. 6, http://www.fawcettsociety.org.uk/?attachment_id=407 Reuters (2010) „Portugal govt to freeze real wages until 2013‟, http://www.investing.com/news/interest-rates-news/portugal-govt-to-freeze-real-wages-until-2013--paper-119257 O. Bontout and T. Lokajickova (2013) „Social protection budgets in the crisis in the EU‟, Brussels: Commissione Europea, p. 17, http://ec.europa.eu/social/BlobServlet?docId=10224&langId=en M.da Paz Campos Lima (2010) „Trade unions oppose new cuts in unemployment protection‟, Brussels: Eurofound http://www.eurofound.europa.eu/eiro/2010/05/articles/pt1005029i.htm N. Hardiman and A.Regan (2013) „Austerity Measures in Crisis Countries - Results and Impact on Mid-term Development‟, Intereconomics, Volume 48, Numero 1, Gennaio/Febbraio 2013, http://www.intereconomics.eu/archive/jahr/2013/1/842/; N. Cooper e S. Dumbleton (2013) „Walking The Breadline: The Scandal Of Food Poverty In 21st Century Britain‟, Church Action on Poverty e Oxfam, http://www.church- 2 3 4 5 6 7 8 9 10 11 12 13 14 15 16 17 33 poverty.org.uk/foodfuelfinance/walkingthebreadline/report/walkingthebreadlinefile 18 See A. Hood, P. Johnson and R. Joyce (2013) „The Effects of the Welfare Benefits Up-rating Bill‟, Londra: IFS, http://www.ifs.org.uk/publications/6539 OCSE (2012) „Health spending in Europe falls for the first time in decades‟, Parigi: OCSE http://www.oecd.org/newsroom/healthspendingineuropefallsforthefirsttimeindecades.htm ibid.; Vedere anche, D. Stuckler and S. Basu (2013), The Body Economic: Why Austerity Kills, Londra: Penguin J.M Silva (2013) „The Economic Crisis and Access to Medicines in Portugal‟, presentazione alla European Public Health Alliance, http://www.epha.org/IMG/pdf/Jose_Manuel_Silva__Economic_Crisis_Access_to_Medicines_in_Europe_.pdf La Troika – Commissione Europea, Banca Centrale Europea e Fondo Monetario Internazionale – hanno chiesto, tra le altre misure, la privatizzazione dei servizi idrici in cambio di prestiti o riduzioni del debito a Grecia, Italia e Portogallo. „Frontlines Report April 2013‟, ITUC, http://www.ituccsi.org/IMG/pdf/en_ituc_frontlines_full_report_april_2013_web.pdf 19 20 21 22 23 24 K. Busch, et al (2013) „Euro Crisis, Austerity Policy and the European Social Model: How Crisis Policies in Southern Europe Threaten the EU‟s Social Dimension‟, Berlino: Friedrich Ebert Stiftung, http://library.fes.de/pdf-files/id/ipa/09656.pdf O. Bontout e T. Lokajickova (2013) op. cit., p. 33 See: S. Avram et al. (2013) „EUROMOD: The Distributional Effects of Fiscal Consolidation in Nine Countries‟, Univeristy of Essex, https://www.iser.essex.ac.uk/publications/workingpapers/euromod/em2-13.pdf Office for National Statistics (2011) „Poorest households spending more on VATable items than in 1986‟, http://www.ons.gov.uk/ons/dcp171776_239565.pdf; O. Bontout e T. Lokajickova (2013) op. cit., p. 33; D. Itriago (2011) „Owning Development: Taxation to fight poverty‟, Oxford: Oxfam, http://policy-practice.oxfam.org.uk/publications/owning-development-taxation-to-fight-poverty142970 „Clamping down on tax evasion and avoidance: Commission presents the way forward‟, Brussels: Commissione Europea, http://europa.eu/rapid/press-release_IP-12-1325_en.htm 25 26 27 28 29 A.C. Pereira (2012) „O desemprego não é uma doença infecto-contagiosa‟, Publico, http://www.publico.pt/sociedade/noticia/o-desemprego-nao-e-uma-doenca-infectocontagiosa1539413 Eurostat (2013) „Long-term unemployment rate, by sex‟, http://epp.eurostat.ec.europa.eu/tgm/table.do?tab=table&init=1&language=en&pcode=tsdsc330&pl ugin=0 Eurostat (2013) „Long-term unemployment rate, by sex‟, http://epp.eurostat.ec.europa.eu/tgm/table.do?tab=table&init=1&language=en&pcode=tsdsc330&pl ugin=0 Eurostat (2013) „Harmonised unemployment by sex - age group 15-24‟, http://epp.eurostat.ec.europa.eu/portal/page/portal/eurostat/home/ #. la disoccupazione giovanile è aumentata di circa 10 punti percentuali dal 2008, al 23,5% nel 2012. Eurostat (2013) „Long-term unemployment rate, by sex‟, http://epp.eurostat.ec.europa.eu/tgm/table.do?tab=table&init=1&language=en&pcode=tsdsc330&pl ugin=0 Eurostat (2013) „Long-term unemployment rate, by sex‟, http://epp.eurostat.ec.europa.eu/tgm/table.do?tab=table&init=1&language=en&pcode=tsdsc330&pl ugin=0 ibid. 30 31 32 33 34 35 36 Eurostat (2013) Unemployment statistics„, http://epp.eurostat.ec.europa.eu/statistics_explained/index.php/Unemployment_statistics Eurostat (2013) „Unemployment rate by age group‟, http://epp.eurostat.ec.europa.eu/tgm/table.do?tab=table&init=1&language=en&pcode=tsdec460&pl ugin=1 ISTAT (2013), „Employment and unemployment (provisional estimates)‟, http://www.istat.it/en/files/2013/07/201306_PressRelease.pdf?title=Employment+and+unemployme nt+%28monthly%29+-+31+Jul+2013+-+Full+text.pdf A.C. Pereira (2013) „Desemprecários‟, Publico, https://www.publico.pt/temas/jornal/desemprecarios26711543 37 38 39 34 40 E. Costello and S. O‟Hare (2009) „Feeling the Pinch: Older People's Experience of the Recession in Ireland‟, Dublino: Older and Bolder, p.18, http://www.olderandbolder.ie/sites/default/files/feeling_the_pinch_Nov_2009.pdf ibid. tassi di povertà nel lavoro record: Irlanda, 7,6 per cento; Spagna, 12,3 per cento; Italia, 10,7 per cento; Cipro, 7,3 per cento. ILO, „World of Work 2012 Snapshot of the European Union‟, Ginevra: ILO, http://www.ilo.org/wcmsp5/groups/public/---dgreports/--dcomm/documents/briefingnote/wcms_179530.pdf. Vedere anche: Trades Union Congress, „Involuntary temporary jobs driving rising employment‟, 12 Ago 2013, http://www.tuc.org.uk/economy/tuc-22456-f0.cfm ILO, „World of Work Report 2013: EU Snapshot‟, Ginevra: ILO, http://www.ilo.org/wcmsp5/groups/public/---dgreports/--dcomm/documents/publication/wcms_209607.pdf „UK among worst for wage drops across EU‟ (2013) Ruptly, 4 Marzo, http://rt.com/news/britain-worsewage-drops-770/; „British real wages drop by 3.2%, say labour party figures released by Ed Balls‟ (2013) Huffington Post, 3 Marzo, http://www.huffingtonpost.co.uk/2013/03/03/british-real-wagesdrop-b_n_2800075.html H. Osborne (2013) „Real wages fall back to 2003 levels in UK‟, the Guardian, 13 Febbraio, http://www.guardian.co.uk/money/2013/feb/13/real-wages-fall-back-2003-levels-uk-ons „Salaries drop by over 10 pct within a year‟ (2013) Ekathimerini, 2 July, http://www.ekathimerini.com/4dcgi/_w_articles_wsite2_1_02/07/2013_507091 N. Cooper e S. Dumbleton (2013) op. cit. R. Wilkinson and K. Pickett (2010) The Spirit Level: Why Equality is Better for Everyone, Penguin: Londra, pp. 52-3 ibid., p. 148 ibid., pp. 73-102 ibid., pp. 103-119. M. Kumhof e R. Rancière (2010) „Inequality, Leverage and Crises‟, working paper, Washington: FMI, http://www.imf.org/external/pubs/ft/wp/2010/wp10268.pdf ibid. K.B. Fredriksen (2012) „Income Inequality in the European Union‟, OCSE working paper del Dipartimento di Economia, No. 952, p.11, http://dx.doi.org/10.1787/5k9bdt47q5zt-en OCSE (2013), „Crisis squeezes income and puts pressure on inequality and poverty‟, Parigi http://www.oecd.org/els/soc/OECD2013-Inequality-and-Poverty-8p.pdf. Il Regno Unito e il Portogallo sono superate in termini di disuguaglianza di reddito netto solo da Israele, USA, Turchi, Messico e Cile. L. Ball et al (2013) „The Distributional Effects of Fiscal Consolidation‟, IMF working paper, Washington: FMI, http://www.imf.org/external/pubs/cat/longres.aspx?sk=40699.0 Eurostat (2013) „Gini coefficient of equivalised disposable income‟, http://epp.eurostat.ec.europa.eu/tgm/table.do?tab=table&init=1&language=en&pcode=tessi190&plu gin=0 La disuguaglianza di reddito netto è aumentata tra il 2010 e il 2011 in Portogallo (dallo 0,34 allo 0,34), Grecia (dallo 0,33 allo 0,34) e Italia (dallo 0,31 allo 0,32). In ogni caso sono stati registrati abbassamenti nel 2010. Bain and Company (2012), „Bain projects global luxury goods market will grow overall by 10% in 2012, though major structural shifts in market emerge‟, http://www.bain.com/about/press/pressreleases/bain-projects-global-luxury-goods-market-will-grow-ten-percent-in-2012.aspx In Spagna, i redditi aumentarono per il 10% più ricco (dal 23% nel 2008 al 23,9% nel 2011), mentre i più poveri videro la loro quota diminuire (dal 2,3% all‟1,6%), di gran lunga la quota più bassa in tutta l‟Unione Europea.L‟Italia vide i suoi ricchi prendere una quota aumentata di reddito dal 23,7% nel 2008 al 24,2% nel 2011, mentre il reddito per il decile più povero diminuì dal 2,7 al 2,3%. Il Portogallo ha avuto un trend simile dal 2010, mentre il reddito per i più ricchi aumentava dal 26,6 al 27,2% (il più alto in Europa), mentre per i più poveri rimaneva invariato nello stesso periodo (al 2,9%). Nel Regno Unito, i più poveri hanno visto la loro quota di reddito declinare dal 2,9% nel 2009 al 2,8% nel 2011, mentre i più ricchi hanno preso una quota maggiore, in aumento dal 25,4 al 26% nello stesso periodo. Eurostat (2013) „Distribution of income by quantiles‟, http://appsso.eurostat.ec.europa.eu/nui/show.do?dataset=ilc_di01&lang=en Eurostat (2013) „Distribution of income by quantiles‟, http://appsso.eurostat.ec.europa.eu/nui/show.do?dataset=ilc_di01&lang=en Un totale di 283,2 miliardi di dollari, equivalenti a 217,3 miliardi di euro (Luglio 2013). Le misure di stimolo dell‟UE nel periodo 2008-10 sono state di 200 miliardi di euro, come da nota 5. „Today‟s ranking of the world‟s richest people‟, (2013) Bloomberg, 12 July, http://www.bloomberg.com/billionaires/2013-07-12/aaa 41 42 43 44 45 46 47 48 49 50 51 52 53 54 55 56 57 58 59 60 61 35 62 Eurostat (2012) „At risk of poverty or social exclusion in the EU27‟, http://europa.eu/rapid/pressrelease_STAT-12-171_en.htm l‟indicatore di povertà usato è coloro “a rischio di povertà o esclusione sociale”, che corrisponde alla somma delle persone che sono: a rischio povertà o deprivate severamente a livello materiale o che vivono in famiglie con intensità di lavoro molto bassa. Le persone sono contate una sola volta anche se sono presenti in più sotto indicatori. A “rischio povertà” sono le persone con reddito equalizzato disponibile sotto la soglia “a rischio povertà”, che è il 60% del reddito nazionale medio disponibile equalizzato (dopo i trasferimenti sociali). La deprivazione materiale copre indicatori collegati agli sforzi economici e ai beni durevoli. Le persone fortemente deprivate materialmente hanno condizioni di vita severamente vincolate dalla mancanza di risorse, sperimentano almeno quattro delle nove privazioni che seguono: non si possono permettere: i) di pagare l‟affitto o le bollette; ii) riscaldare adeguatamente la casa; iii) spese inattese; iv) di mangiare carne, pesce o un equivalente proteico ogni due giorni; v) una vacanza di una settimana; vi) una macchina; vii) una lavatrice; viii) una televisione a colori; o ix) un telefono. Le persone che vivono in famiglie con intensità molto bassa di lavoro sono quelle nelle fascia 0-59 anni che vivono in famiglie dove gli adulti (18-59 anni) hanno lavorato meno del 20% delle loro potenziale lavorativo totale durante l‟anno passato. UNICEF, „Report Card 10: Measuring Child Poverty‟, Firenze: UNICEF, p.6 http://www.unicef.org.uk/Documents/Publications/RC10-measuring-child-poverty.pdf; Ruxton (2012), „How the economic and financial crisis is affecting young people and children in Europe‟, Brussels: Eurochild, http://www.eurochild.org/fileadmin/ThematicPriorities/Crisis/Eurochild%20updates/Eurochild_Crisis _Update_Report_2012.pdf; and EAPN e Eurochild (2013), „Towards Children‟s Wellbeing in Europe‟ http://www.eapn.eu/images/stories/docs/eapn-books/2013_Child_poverty_EN_web.pdf I. Ortiz e M. Cummins (2013) „The Age of Austerity: A Review of Public Expenditures and Adjustment Measures in 181 Countries‟ http://policydialogue.org/files/publications/Age_of_Austerity_Ortiz_and_Cummins.pdf 55 miliardi di euro convertiti in $ al tasso di cambio del 2012 di 1$=0,778€, usato in OCSE (2013) nota 76, http://www.oecd.org/dac/stats/Exchange%20rates.xls. Consiglio d‟Europa (2013) „Council conclusions on Annual Report 2013 to the European Council on EU Development Aid Targets‟, 3,241th Foreign Affairs Council meeting Brussels, 28 Maggio, http://www.consilium.europa.eu/uedocs/cms_data/docs/pressdata/EN/foraff/137320.pdf Dallo 0,45 per cento del RNL allo 0,43% nel 2012, con 16 stati membri che avevano ridotto il loro APS. „The European Commission calls on EU Member States to fulfil their commitments towards the world's poorest‟ (2013) Commissione Europea, http://europa.eu/rapid/press-release_IP-13299_en.pdf OCSE (2013) „Aid to poor countries slips further as governments tighten budgets‟, OCSE, http://www.oecd.org/newsroom/aidtopoorcountriesslipsfurtherasgovernmentstightenbudgets.htm I. Ortiz e M. Cummins (2013) op. cit. In totale, 68 paesi in via di sviluppo si prevede taglieranno la spesa pubblica del 3,7% del PIL, in media, nella terza fase della crisi (2013-15) comparato a 26 paesi ad alto reddito, che ci si aspetta la contrarranno del 2,2% del GGDP in media. ibid. OCSE, „ODA net: 1950 – 2012‟, http://www.oecd.org/dac/stats/Long%20term%20ODA.xls Istituto Internazionale per gli Studi sul Lavoro (2013) „World of Work Report‟, Ginevra: ILO, http://www.ilo.org/global/research/global-reports/world-of-work/lang--en/index.htm I disavanzi come percentuale del PIL sono aumentati in Spagna, Portogallo e Grecia tra il 2011 e il 2012. Eurostat (2013) „General government deficit/surplus‟, http://epp.eurostat.ec.europa.eu/tgm/table.do?tab=table&init=1&language=en&pcode=tec00127&pl ugin=1 La Grecia ha il rapporto maggiore al 156 per cento, il Regno Unito ha visto il suo rapporto debito-PIL aumentare al 90% del PIL, Irlanda, Spagna e Portogallo hanno tutte sperimentato picchi nei livelli di debito nell‟Euro-era. Eurostat (2013) „Euro area and EU27 government debt nearly stable at 90.0% and 85.1% of GDP respectively‟, Eurostat news release, http://epp.eurostat.ec.europa.eu/cache/ITY_PUBLIC/2-23012013-AP/EN/2-23012013-AP-EN.PDF Commissione Europea (2013) „Commission takes steps under the Excessive Deficit Procedure‟, http://europa.eu/rapid/press-release_MEMO-13-463_en.htm Eurostat (2013) „Real GDP growth rate – volume‟, http://epp.eurostat.ec.europa.eu/tgm/table.do?tab=table&init=1&language=en&pcode=tec00115&pl ugin=1 a maggio 2013, nove paesi dell‟Eurozona erano ufficialmente in recessione, con Grecia, Portogallo, Spagna e Italia impantanate in crolli profondi. La Grecia ha affrontato cinque anni di recessione; il Portogallo si prevede sarà in recessione dal 2010 fino al 2013; la Francia ha visto una crescita piatta; Italia, Olanda e Spagna stanno tutte affrontando due anni di crescita negativa; Cipro si prevede avrà molti anni di crescita negativa. A. Faiola (2013) „In Ireland, the promise and problems of Europe‟s recovery‟, The Washington Post, http://articles.washingtonpost.com/2013-02-26/world/37297531_1_irish-unemployment-irisheconomy-irish-operations 63 64 65 66 67 68 69 70 71 72 73 74 75 76 36 77 Reuters (2013) „Ireland on road to recovery, but many left behind‟, http://www.reuters.com/article/2013/07/28/ireland-economy-recovery-idUSL6N0FU1HK20130728 L‟indice di Gini della disuguaglianza dei redditi di mercato dell‟Irlanda era a 59,1 nel 2009, il più alto nell‟OCSE; ma le tasse e i trasferimenti riducono la disuguaglianza a solo 33,1. Vedere http://stats.oecd.org/# S. Olafsson (2011) „Iceland‟s Financial Crisis and Level of Living Consequences‟, Working paper 3:2011, Social Research Centre, University of Iceland, http://thjodmalastofnun.hi.is/sites/thjodmalastofnun.hi.is/files/skrar/icelands_financial_crisis_and_level_ of_living.pdf Iceland‟s real wage index rose by 1.5 per cent in the year to March 2013. A collective agreement between the government and unions, signed June 2011, stipulated a general wage rise of 3.25% in March 2013. Source: „News: No.81/2013‟ Statistics Iceland, http://www.statice.is/Pages/444?NewsID=9474 L‟indice di Gini della disuguaglianza di reddito di mercato dell‟Islanda è aumentato dallo 0,38 nel 2008 allo 0,39 nel 2010, l‟Irlanda ha avuto un aumento dallo 0,54 allo 0,59 tra il 2008 e il 2009 (i dati non erano disponibile per il 2010). Eurostat (2013) „Government debt in % of GDP - quarterly data‟, http://epp.eurostat.ec.europa.eu/tgm/table.do?tab=table&init=1&language=en&pcode=tipsgo20&plu gin=0 K. Watkins (1995) „The Oxfam Poverty Report‟, Oxford: Oxfam GB, http://policypractice.oxfam.org.uk/publications/the-oxfam-poverty-report-122886 K. Watkins (1995) op. cit. Queste politiche sono spesso chiamate Washington Consensus. Nel 1989, il Washington Consensus stabiliva una lista di politiche economiche che erano considerate durante gli anni ‟90 dai centri internazionali finanziari ed economici come i migliori programmi economici per guidare la crescita dei paesi in via di sviluppo. Structural Adjustment Participatory Review International Network/World Bank (2002) „The Policy Roots Of Economic Crisis And Poverty: A Multi-Country Participatory Assessment of Structural Adjustment‟, Prima Edizione, Structural Participatory Review International Network (SAPRIN), http://www.saprin.org/SAPRIN_Findings.pdf La disoccupazione urbana crebbe durante gli anni ‟90, aumentando dal 5,8% nella regione intera nel 1990-91 all‟8,7% nel 2001. Argentina, Brasile, Colombia, Ecuador, Peru, Uruguai e Venezuela videro un aumento di tre punti percentuali o più. CEPAL (1999) „Balance preliminar de las economías de América Latina y el Caribe‟ [Preliminary assessment of the economies of Latin America and the Caribbean], Santiago de Chile: CEPAL, http://www.eclac.org/publicaciones/xml/2/9042/lcg2153e.pdf I salari reali in molti paesi non sono ancora riusciti a recuperare dal declino che hanno sofferto negli anni ‟80. Quella caduta fu particolarmente dura per il salario minimo e quello agricolo, che caddero di 33 e 28 punti percentuali rispettivamente tra il 1985 e il 1995. Secondo Abramo, i salari nell‟industria e nelle costruzioni civili caddero di 13 e 14 punti rispettivamente nello stesso periodo. L. Abramo (1997) „Mercados laborales, encadenamientos productivos y políticas de empleo en América Latina y el Caribe‟ [Labour markets, production chains and employment policies in Latin America and the Caribbean], Santiago: ILPES, http://200.62.227.8/spanish/260ameri/oitreg/activid/proyectos/actrav/edob/material/cadenas/pdf/cp5 .pdf La struttura dei mercati del lavoro cambiò, con una riduzione nell‟occupazione nel settore pubblico e nelle grandi compagnie private, e un‟espanzione del settore informale (piccoli imprenditori, lavoratori non professionali liberi professionisti e servizi domestici). Questo trend peggiorò la qualità dell‟occupazione. Nel 1996, per ogni 100 nuovi lavori creati, 85 erano concentrati nel settore informale. Il settore informale era considerato la più grande forma di creazione di posti di lavoro nella regione. A.F. Calcagno (2001) „Ajuste estructural, costo social y modalidades de desarrollo en América Latina‟ [Structural adjustment, social cost and development models in Latin America], in E. Sader (2001) „El ajuste estructural en América Latina. Costos sociales y alternativas‟ [Structural adjustment in Latin America: Social costs and alternatives], Buenos Aires: CLACSO (Consejo Latinoamericano de Ciencias Sociales [Latin American Social Sciences Board]), p. 81, http://biblioteca.clacso.edu.ar/ar/libros/sader/sader.html R. Joly et al. (2012) „Be outraged: There are alternatives‟, Oxford: Oxfam, p. 14, http://policypractice.oxfam.org.uk/publications/be-outraged-there-are-alternatives-224184 Un aumento della disuguaglianza fu registrato in 14 su 18 paesi per i quali sono disponibili i dati. UNCTAD (2012) „Trade and Development Report‟, Geneva: United Nations Conference on Trade and Development, p.12, http://unctad.org/es/PublicationsLibrary/tdr2012overview_sp.pdf K. Watkins (1998) „Economic Growth with Equity: Lessons from East Asia‟, Oxford: Oxfam, http://policy-practice.oxfam.org.uk/publications/economic-growth-with-equity-lessons-from-eastasia-121035 A.F. Calcagno (2001) op. cit., pp. 81-7 78 79 80 81 82 83 84 85 86 87 88 89 90 91 92 93 37 94 A. Franco-Giraldo, M. Palma, and C. Álvarez-Dardet (2006) „Efecto del ajuste estructural sobre la situación de salud en América Latina y el Caribe, 1980–2000‟ [Impact of structural adjustment on the health situation in Latin America and the Caribbean, 1980-2000], Revista e Salud 2(7), pp.2919, http://www.revistaesalud.com/index.php/revistaesalud/article/view/109/308 K. Watkins (1998) op. cit. La definizione di povertà è indigenza, e il metodo usato per misurarle, possono essere trovate in CEPAL (1999) op. cit., p. 51. ibid., pp. 81-7 CEPAL (1997) „The Equity Gap: Latin America, the Caribbean and the social Summit‟, Libros de la CEPAL series 44, http://www.eclac.cl/cgibin/getProd.asp?xml=/publicaciones/xml/2/4702/P4702.xml&xsl=/tpl-i/p9f.xsl&base=/tpl/topbottom.xsl P. McCawley (2009) „Mass poverty in Asia: the impact of global financial crisis‟, Policy Brief, June 2009, Sydney: Lowy Institute for International Policy K. Watkins (1998) op. cit. Il FMI ha pubblicato un reporto il 3 dicembre 2012 nel quale alterava le sue politiche sul controllo di capitale e indicava i criteri per giustificare l‟adozione delle misure di controllo sui movimenti dei capitali nei paesi. È stata una radicale inversione ad U rispetto alle politiche che il FMI aveva imposto nel passato. IMF (2012) „The Liberalization and Management of Capital Flows: An Institutional View‟, Washington: FMI, http://www.imf.org/external/np/pp/eng/2012/111412.pdf Per esempio, Progresa in Messico, che inziò nel 1997; o Fome Zero (Fame Zero) in Brasile, a cui il programma Bolsa Familia ha contribuito a un 20 per cento nel calo della disuguaglianza dal 2011. ibid. K. Watkins (1998) op. cit. C.W. Dugger (2007) „Ending Famine, Simply by Ignoring the Experts‟, New York Times, 2 Decembre 2007, http://www.nytimes.com/2007/12/02/world/africa/02malawi.html?pagewanted=all&_r=0 In Malawi, dopo una disastrosa raccolta di cibo nel 2005, quasi cinque milioni di persone (su una popolazione totale di 13 milioni) avevano bisogno di aiuti alimentari d‟emergenza. Due anni dopo, nel 2007, il Malawi ha venduto più raccolto al Programma Mondiale per l‟Alimentazione che qualsiasi altro paesi nell‟Africa meridionale e ha esportato centinaia di migliaia di tonnellate di mais in Zimbabwe. Questo cambio è stato il risultato di un programma statale per sussidiare le sementi di mais e i fertilizzanti che raggiunse il 65% degli agricoltori. 95 96 97 98 99 100 101 102 103 104 105 106 CODELCO (la corporazione nazionale del rame) aveva l‟87,4 per cento dei diritti di sfruttamento nel 1980, e ne aveva ancora un 75,3 per cento nel 1990. La CODELCO di proprietà statale è la più grande corporazione del rame nel mondo, ma la sua quota in Cile è adesso sostanzialmente più bassa che nel 1990. P. Meller (2003) „El cobre chileno y la política minera‟ [Chilean copper and mining policy], Serie Estudios Socioeconómicos [Serie di Studi Socioeconomici] no. 14, CEPLAN, http://www.politicaspublicas.udp.cl/media/publicaciones/archivos/57/capitulo_1.pdf Per esempio, un debito di 1.000 era valutato sul mercato e conseguentemente venduto dagli operatori di mercato al suo “valore reale” di 200. Il passo successivo fu per i paesi debitori di ripagare questo debito agli operatori di mercato che lo avevano acquistato, con un piccolo margine, pagando 210. Come risultato, un debito di 1000 fu cancellato in cambio di uno di 210. L. Ball et al (2013) op. cit. La disuguaglianza blocca gli investimenti produttivi, limita la capacità produttiva e di consumo dell‟economia, indebolisce le istituzioni e aiuta l‟erosione della coesione sociale. La disuguaglianza è chiave per spiegare come lo stesso tasso di crescita può portare a diversi tassi di riduzione della povertà. In alcuni casi, la crescita è accompagnata da una riduzione sostanziale nel numero e nella percentuale delle persone che vivono in povertà. Per esempio, il tasso di crescita medio del Brasile tra il 1990 e il 2009 fu del 2,5 percento per anno, e fu accompagnato da un leggero decremento nella disuguaglianza dallo 0,61 allo 0,55 (anche se rimase sempre alta). Durante questo periodo, la proporzione della popolazione brasiliana sotto la linea di povertà nazionale si dimezzò, scendendo dal 41,9 al 21,4 percento. Tuttavia, in altir casi, si è avuta una crescita considerevole senza miglioramenti nei livelli di povertà. In Peru, tra il 1997 e il 2007, la proporzione della popolazione che viveva inpovertà è aumentata, nonostante il paese avesse raggiunto un tasso di crescita annuale impressionante del 3,9 percento. R. Gower, C. Pearce and K. Raworth (2012) „Left Behind by the G20?‟, Oxford: Oxfam, http://policy-practice.oxfam.org.uk/publications/left-behind-by-theg20-how-inequality-and-environmental-degradation-threaten-to-203569 Eurostat (2013) „Real GDP growth rate‟, stime, http://epp.eurostat.ec.europa.eu/tgm/table.do?tab=table&plugin=1&language=en&pcode=tec00115 Per comparazioni, FMI (2013), „World Economic Outlook, April 2013‟, Washington: FMI, http://www.imf.org/external/pubs/ft/weo/2013/01/pdf/text.pdf qui si stima la crescita dell‟UE all‟1,3% per il 2014. 107 108 109 110 111 M. Brewer, J. Browne, and R. Joyce (2011) „Child and Working-Age Poverty from 2010 to 2020‟, Londra: Institute for Fiscal Studies (IFS), http://www.ifs.org.uk/comms/comm121.pdf 38 L‟Isituto per gli Studi Fiscali (ISF) ha stimato che nel period 2010-2020 ci sarà un increment nella povertà relativa di 800.000 bambini (un aumento di 5,1 punti percentuali), 500.000 milioni di genitori in età lavorativa (3,4 punti percentuali) e 1,4 milioni di adulti senza figli in età lavorativa (2,5 punti percentuali); per un totale di 2,7 milioni. In paragone, l‟aumento nella povertà assoluta nello stesso period è stimato in 2,2 milioni. 112 C‟erano 121.202.000 persone che vivevano in povertà o a rischio di esclusione sociale nell‟UE nel 2011, che rappresenta il 24,3 percento della popolazione totale (Eurostat, „People at risk of poverty or social exclusion‟). Se i tassi di povertà dovessero aumentare di tre punti percentuali nell‟UE al 27,3 percento, sarebbe un aumento di 14.963 milioni di persone. Se i tassi di povertà dovessero aumentare di cinque punti percentuali nell‟UE al 29,4 percento, sarebbe un aumento di 24.939 milioni di persone. Questo aumento potrebbe esserci in un periodo di 10 anni, come illustrato dall‟analisi dell‟ISF del Regno Unito. Nel Regno Unito, dal 1985 al 2000, le disuguaglianze del reddito netto sono aumentate di quattro punti percentuali dallo 0,31 allo 0,35. Se questo trend continuerà, il Regno Unito raggiungerà lo 0,38 punti entro il 2025 (aumentando dallo 0,34 del 2010). Se la disuguaglianza crescesse di quattro punti in quindici anni fino al2025 in altri paesi che stanno affrontando le misure aggressive di austerità, potremmo vedere l‟indice di Gini crescere fino allo 0,38 in Grecia, Portogallo e Spagna, 0,37 in Irlanda e 0,36 in Italia. I tre paesi sviluppati più diseguali, dopo le tasse e i trasferimenti, sono la Turchia (0,41 punti nel 2009), gli Stati Uniti (0,38 punti nel 2010) e Israele (0,38 punti nel 2010). Entro il 2025, il Regno Unito, la Grecia, il Portogallo, la Spagna, l‟Italia e l‟Irlanda potrebbero quindi essere tra i tre paesi sviluppati più diseguali.Vedere il database OCSE, „Inequality by country‟, http://stats.oecd.org/ Il Cile ha il ventesimo livello più elevato di disuguaglianza nel mondo, con un indice di Gini dello 0,52. La Bolivia ha avuto un aumento di 17 punti percentuali nella sua disuguaglianza del reddito netto in un periodo di due anni che hanno seguito il suo programma di aggiustamento strutturale. Se il Regno Unito, la Grecia, il Portofallo, la Spagna, l‟Italia e l‟Irlanda avessero un aumento simile a quello della Bolivia, allora la disuguaglianza netta crescerebbe da 0,48 a 0,52 punti, rendendo questi paesi tra i più diseguali nel mondo. Più probabilmente potrebbe essere un aumento nella disuguaglianza di reddito di mercato, che se crescesse allo stesso modo porterebbe la Grecia a 0,69, l‟Irlanda a 0,76, il Regno Unito a 0,69, il Portogallo a 0,69, l‟Italia a 0,67 e la Spagna a 0,68, classificandole tra le più diseguali del mondo. Un fattore chiave nei paesi che hanno un aumento nella povertà nel lavoro è stata l aperdita di democrazia nei posti di lavoro e l‟inabilità di contrattare per salari migliori, con i lavoratori a basso salario concentrati in settori con meno sindacati. P. de Beer (2012) „The Impact of the Crisis on Earnings and Income Distribution in the EU‟, Brussels: European Trade Union Institute, p. 26, http://www.etui.org/Publications2/WorkingPapers/The-impact-of-the-crisis-on-earnings-and-income-distribution-in-the-EU In Idonesia, ci sono voluti quasi 10 anni alla povertà per ritornare ai livelli pre-crisi (nel 2008 la povertà è ritornata ai livelli del 1997). In America Latina, ci è voluto fino al 2005 alla povertà per scendere sotto il livello del 1980, a seguito di un declino di sette anni dal 1997 in avanti. „Reliance on austerity is counterproductive, says former IMF mission chief‟ (2013) RTÉ News, http://www.rte.ie/news/business/2013/0411/380836-too-much-austerity-in-bailout-imf-mission-chief/ IMF (2012) „World Economic Outlook: Growth Resuming, Dangers Remain, April 2012‟, http://www.imf.org/external/pubs/ft/weo/2012/01/; O. Blanchard and D. Leigh (2013) „Growth Forecast Errors and Fiscal Multipliers‟, IMF working paper, http://www.imf.org/external/pubs/cat/longres.aspx?sk=40200.0 IMF (2013), „Greece: Ex Post Evaluation Of Exceptional Access Under The 2010 Stand-By Arrangement‟, IMF Country Report No. 13/156, Washington: IMF, p.2, http://www.imf.org/external/pubs/ft/scr/2013/cr13156.pdf Eurostat (2013) „Government deficit/surplus, debt and associated data‟, http://appsso.eurostat.ec.europa.eu/nui/show.do?dataset=gov_dd_edpt1&lang=en Eurostat (2013), „Euro area government debt up to 92.2% of GDP‟ (Brussels), p.2, http://epp.eurostat.ec.europa.eu/cache/ITY_PUBLIC/2-22072013-AP/EN/2-22072013-AP-EN.PDF Il livello di debito pubblico spagnolo è all‟88,2 per cento del PIL nel primo quadrimestre del 2013 – molto alto ma lontano dal 160,5 per cento del debito della Grecia, o del 130,2 per cento dell‟Italia, o del 127,2 per cento in Portogallo, o del 125,1 per cento dell‟Irlanda. Dati Eurostat, fonte „España es el tercer país europeo en que más crece la deuda pública‟ [Spain has the third fastest growing public debt in Europe] (2013), El País, http://economia.elpais.com/economia/2013/07/22/actualidad/1374483519_643743.html Intermón Oxfam (2010) „Objetivo Robin Hood. Cómo podemos evitar que la crisis la paguen los de siempre‟ [The Robin Hood objective: How we can avoid the crisis being paid for by those who always pay], Intermón Oxfam Report no. 27, Madrid: Intermón Oxfam, http://www.intermonoxfam.org/sites/default/files/documentos/files/101014_Informe_Objetivo_Robin _Hood.pdf S. Evans (2010) „Is the US stimulus package working?‟, BBC News, http://www.bbc.co.uk/news/10113269 113 114 115 116 117 118 119 120 121 122 123 124 125 39 126 Vedi, per esempio, K. Trebeck and F. Stuart (2013), „Our Economy: Towards a New Prosperity‟, Oxford: Oxfam, http://policy-practice.oxfam.org.uk/publications/our-economy-towards-a-newprosperity-294239 Alcune iniziative di gestione del debito estero hanno proposto di dare alla copertura ai diritti sociali di base – dichiarati non negoziabili – priorità al pagamento dei creditori, utilizzando le regole per la bancarotta applicate ai comuni negli Stati Uniti. Transnational Institute (2013) „Military spending and the EU crisis infographic‟, http://www.tni.org/article/military-spending-and-eu-crisis-infographic-0 Oxfam definisce „lavoro dignitoso‟ un lavoro nel quale tutti coloro che possono lavorare riescono a farlo dietro un reddito stabile e adeguato; dove sono protetti dallo sfruttamento e tutelati da diritti del lavoro; e dove, nel tempo, riescono ad avere opportunità di essere maggiormente retribuiti. K. Poinasamy (2011), „When Work Won‟t Pay: In-work poverty in the UK‟, Oxford: Oxfam, p.7, http://policy-practice.oxfam.org.uk/publications/when-work-wont-pay-in-work-poverty-in-the-uk197010 K. Trebeck and F. Stuart (2013) op. cit., supra note 109 „Social protection floor‟, ILO, http://www.ilo.org/secsoc/areas-of-work/policy-development-andapplied-research/social-protection-floor/lang--en/index.htm Nel Regno Unito questo è conosciuto come reddito di cittadinanza, o reddito di base, mentre in Spagna è chiamato reddito minimo. Vedi I. Robeyns (2001) „An income of one's own: A radical vision of welfare policies in Europe and beyond‟, Gender & Development 9(1): 82-9, http://policypractice.oxfam.org.uk/publications/an-income-of-ones-own-a-radical-vision-of-welfare-policies-ineurope-and-beyond-131444 D. Green (2012) „From Poverty to Power: How active citizens and effective states can change the world, 2nd Edition‟, Oxford: Oxfam, http://policy-practice.oxfam.org.uk/publications/from-poverty-topower-2nd-edition-how-active-citizens-and-effective-states-can-249411 Vedi Community Pride Initiative and Oxfam (2005) „Breathing life into democracy: The power of participatory budgeting‟, Oxford: Oxfam, http://www.participatorybudgeting.org.uk/documents/breathing%20life%20into%20democracy.pdf Vedi per esempio, D. Itriago (2011) op. cit. Commissione Europea (2012) „Clamping down on tax evasion and avoidance: Commission presents the way forward‟, http://europa.eu/rapid/press-release_IP-12-1325_en.htm European Council (2013) „Conclusions‟, http://www.consilium.europa.eu/uedocs/cms_data/docs/pressdata/en/ec/137197.pdf Esempi includono l‟utilizzo di prezzi di trasferimento artificiali (il prezzo a cui il valore di un prodotto è fissato in transazioni tra compagnie dello stesso gruppo), diversione di attività verso i paradisi fiscali, o una sopravvalutazione di alcuni servizi (ad es. la registrazione del marchio, o servizi finanziari). Il legame fiduciario dell‟azienda verso i suoi azionisti – ovvero massimizzare i profitti – non deve essere visto come una giustificazione per non pagare le tasse. „A level playing field? The need for non-G20 participation in the BEPS process‟, ActionAid, http://www.actionaid.org.uk/sites/default/files/publications/beps_level_playing_field_.pdf, paper a cui anche Oxfam International ha aderito. 127 128 129 130 131 132 133 134 135 136 137 138 139 40 © Oxfam International Settembre 2013 Questo rapporto è basato sul testo originale “A cautionary tale – The true cost of austerity and inequality in Europe” scritto da Teresa Cavero and Krisnah Poinasamy. Oxfam ringrazia Natalia Alonso, Jon Mazliah, Kevin Roussel, Catherine Olier, Max Lawson, Jaime Atienza, Angela Corbalan and Ferran Esteve per il contributo dato alla stesura. La traduzione e l‟adattamento italiano è a cura di Alessia Martini. Il caso di studio sull‟Italia è stato scritto da Francesco Petrelli ed Elisa Bacciotti. Il paper è parte di una serie di rapporti scritti per informare il dibattito pubblico sui temi dello sviluppo e dell‟aiuto umanitario. Per ulteriori informazioni sulle questioni sollevate in questo rapporto per favore inviare un‟email a: coltiva@oxfamitalia.org Il testo può essere usato gratuitamente per fini di campagne di opinione, formazione e ricerca, a condizione che venga citata la fonte in pieno. Il titolare del diritto d‟autore chiede che ogni utilizzo sia registrato ai fini della valutazione di impatto. Per la copia in qualsiasi altra circostanza o per l‟utilizzo in altre pubblicazioni o per la conversione o adattamento, il permesso deve essere rilasciato e un contributo può essere chiesto. comunicazione@oxfamitalia.org Le informazioni contenute in questa pubblicazione sono corrette al momento della stampa. Pubblicato da Oxfam GB per Oxfam International sotto ISBN 978-1-78077-435-0 nel Settembre 2013. Oxfam GB, Oxfam House, John Smith Drive, Cowley, Oxford, OX4 2JY, Regno Unito. Oxfam Italia Oxfam Italia, membro della confederazione internazionale Oxfam, è un‟associazione umanitaria che da oltre 30 anni è impegnata in molte regioni del mondo, per migliorare le condizioni di vita delle popolazioni locali, dando loro il potere e le risorse per esercitare i propri diritti e costruire un futuro migliore, e contribuire a garantire loro cibo, acqua, reddito, accesso alla salute e all‟istruzione. Oxfam Italia lavora attraverso programmi di sviluppo, interventi di emergenza, campagne di opinione e attività educative per coltivare un futuro migliore, in cui tutti, ovunque, abbiano cibo a sufficienza, sempre. Oxfam è una confederazione internazionale di 17 organizzazioni che lavorano insieme in 94 paesi con partner e alleati nel mondo al fine di trovare soluzioni durevoli alla povertà e all‟ingiustizia. Per ulteriori informazioni : www.oxfamitalia.org Email: coltiva@oxfamitalia.org www.oxfam.org